Tutti scontenti: la decisione di non decidere ancora una volta sui diplomati magistrale, ma di rimandare tutto di quattro mesi, provoca una ridda di voci e commenti negativi. Prima di tutto tra i diretti interessati, i maestri, che hanno sperato sino all’ultimo di potere rimanere nelle GaE, malgrado la sentenza negativa del Consiglio di Stato; hanno protestato i laureati in Scienze della formazione primaria, che temono una soluzione che all’ultimo momenti salvi i maestri fermi al diploma magistrale, e per questo alcuni di loro hanno manifestato il loro dissenso in piazza, Milano; poi ci sono i sindacati, all’unisono contrariati, e pure, compattamente critici, i partiti politici d’opposizione.
Vi proponiamo, qui di seguito, una sintesi dei commenti che riassume gli stati d’animo derivante dalla messa in stand by delle sentenze sui diplomati magistrale.
Secondo la Flc-Cgil, il rimando del problema di quattro mesi non risolve nulla, perché “la perdita di lavoro per migliaia di docenti entro la fine del 2018, rimarrebbe immutata”.
“La soluzione adottata risulterebbe poco dignitosa per i tanti docenti che aspettavano una risposta definitiva dal nuovo Governo – spiegano i lavoratori della conoscenza della Cgil – e sarebbe profondamente inadeguata al fine di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico poiché i diplomati magistrali rimarrebbero in servizio per un breve periodo con l’angoscia di essere licenziati di lì a poco”.
Per il primo dei sindacati Confederali, “erano altre le risposte necessarie, ovvero un provvedimento che effettivamente mettesse in sicurezza l’anno scolastico e l’avvio di un percorso di stabilizzazione in grado di coinvolgere tutti gli abilitati e di dare una certezza occupazionale al personale coinvolto. Ma il Governo ha deciso di non decidere, con gravi ripercussioni per le scuole e per gli interessati. Come Flc-Cgil chiediamo al ministro di intervenire in maniera risolutiva e positiva al fine di dare serenità agli interessati e consentire che l’anno scolastico si avvii in un clima di tranquillità e fiducia per le scuole”.
Per Maddalena Gissi, leader della Cisl Scuola, “la questione dei diplomati magistrali è molto complessa, siamo ben lontani dall’aver individuato una soluzione definitiva, serve riaprire il tavolo di confronto tra Amministrazione e sindacati e ci stiamo muovendo in queste ore perché ciò avvenga quanto prima. Stando a quanto si desume dal comunicato stampa del Miur, infatti, la misura contenuta nel ‘decreto dignità’ serve solo a tamponare la situazione, rinviando l’esecuzione delle sentenze di merito riguardanti il personale in possesso del solo diploma magistrale e già assunto in ruolo, che così potrà evitare il licenziamento”.
La Gissi ritiene che il provvedimento non sia “risolutivo, il tempo che si guadagna va perciò speso per individuare percorsi di reclutamento che consentano di salvaguardare sia l’occupazione per chi rischia la risoluzione del contratto, sia le legittime attese di altri soggetti, che non possono essere sacrificate, pena il riproporsi di ulteriore contenzioso. Mi riferisco ai laureati in scienze della formazione primaria e a quanti sono già inseriti a pieno titolo nelle Gae“.
Per la Cisl Scuola, quindi, occorre mettere “mano rapidamente alla predisposizione dei provvedimenti necessari senza perdere un minuto di più. Siamo pronti a confrontarci sia con l’Amministrazione che con le forze politiche e i gruppi parlamentari, visto che si dovrà intervenire in sede legislativa”.
Dello stesso avviso si dice la Uil Scuola, il cui segretario generale, Pino Turi, ritiene che la vicenda stia sempre più “assumendo toni surreali”.
“Quello adottato oggi dal Consiglio dei Ministri è un provvedimento del quale si fatica a comprendere la portata e l’obiettivo”, aggiunge. “Non ci si può limitare a garantire l’avvio ordinato dell’anno scolastico, senza dare risposte sia pure articolate e graduali, ai docenti interessati. La scelta di fondo, politicamente rilevante, dovrebbe essere quella di porre un freno al precariato, disinnescare la bomba a orologeria del limite dei 36 mesi di lavoro continuativo, procedere all’eliminazione dell’organico di fatto e fare i conti con l’organico di diritto”.
“Quella di oggi invece – continua Turi – appare una sorta di tachipirina che cura i primi sintomi e lascia avanzare la malattia. Una non-soluzione con l’aggravante che sarebbe pregiudicato l’intero anno scolastico, sia per i docenti che per famiglie e ragazzi che vivrebbero un anno di precarietà. Come si potrà sentire un’insegnante, che va in classe e ‘garantisce il regolare avvio delle lezioni,’ sapendo che sarà licenziata in corso d’anno. Con quale serenità potrà svolgere il suo lavoro. Si è pensato ancora una volta di considerare la scuola un ufficio pubblico in cui è importante la procedura e non il contenuto: fare partire bene l’anno scolastico significa anche dare motivazioni, sicurezza, stabilità ai docenti che lo dovranno affrontare, serenità alle famiglie e agli alunni”.
“Ci auguriamo un ripensamento del Governo che presenti un provvedimento organico”, conclude Turi.
A lamentarsi per la decisione, è anche l’Anief, che rappresenta una bella fetta di diplomati magistrale: “Dopo un silenzio imbarazzante sulla vicenda – scrive il sindacato autonomo – il Ministero dell’Istruzione, attraverso il Consiglio dei Ministri, riesuma un articolo di legge di 22 anni fa (art. 14 d.l. 669/96) per dare tempo al Parlamento di riscrivere il nuovo processo di formazione iniziale e reclutamento degli insegnanti e rispondere alle denunce inoltrate da Anief al Consiglio d’Europa e alla Cedu, oltre che la Risoluzione 242 del 31 maggio dello stesso Parlamento europeo sui contratti a termine. Anief lancia un appello ai parlamentari: riaprite le GaE, confermate nei ruoli i neo-assunti e assumete su tutti i posti vacanti e disponibili”.
“Il nostro sindacato è pronto a dare battaglia tra le Commissioni Istruzione di Camera e Senato per risolvere il problema della precarietà – dice Marcello Pacifico, leader dell’Anief -: i prossimi quattro mesi saranno importanti per andare a convertire le norme nazionali in leggi rispettose del diritto comunitario come da noi interpretato e anche come inteso da tutti i Paesi aderenti all’Ue”
Il Partito democratico – attraverso i senatori dem della commissione Istruzione di Palazzo Madama Vanna Iori, capogruppo, Simona Malpezzi, Roberto Rampi e il vicepresidente dell’organismo parlamentare Francesco Verducci – si scaglia contro “Lega e M5S”, perché “avevano promesso in campagna elettorale che avrebbero risolto il problema dei diplomati magistrali, ma non mantengono la parola data. Come altro definire la scelta del governo di rinviare di 120 giorni la decisione, aspettando le sentenze di merito?”.
“Come Ponzio Pilato, il ministro Bussetti aspetta che i provvedimenti giurisdizionali diventino esecutivi e, nel frattempo, consegna le scuole al caos. Cosa succederà infatti nei prossimi quattro mesi? I docenti dovranno abbandonare la classe ad anno scolastico in corso? Come si tutelerà la tanto sbandierata continuità didattica?”.
“Il Pd, da molti mesi – proseguono i senatori del Pd – propone una soluzione che tenga insieme il diritto dei bambini ad avere una maestra per tutto l’anno scolastico e le legittime aspettative di tutti i docenti interessati. Purtroppo, il governo del cambiamento decide di non decidere, non mette in sicurezza il prossimo anno scolastico e non dice una parola sul percorso di stabilizzazione che i docenti aspettano da molto tempo. Questa non scelta avrà gravi ripercussioni sull’avvio del prossimo anno scolastico e genererà soltanto una grande confusione. Al primo vero problema da risolvere, il governo mostra tutta la sua inadeguatezza e sul futuro di migliaia di docenti decide di lavarsene le mani”.
Stefano Fassina, deputato di Liberi e Uguali, si chiede su facebook: l’avere voluto attendere le sentenze di merito, significa che “si procederà con i licenziamenti di migliaia di insegnanti in ruolo? La norma contenuta nel cosiddetto Decreto Dignità si limita a rinviare di 120 giorni l’esecutività della sentenza del Consiglio di Stato? Sarebbe un raggiro inaccettabile dopo le promesse fatte dal M5S in campagna elettorale. In umiliazione di decine di migliaia di donne e uomini, altro che dignità”.
Leu presenta una proposta di legge per salvaguardare sia le diplomate e i diplomati magistrali in ruolo, sia per l’inserimento nelle graduatorie a esaurimento dei diplomati e diplomate magistrali pre 2002: domani (4 luglio ndr) alla Camera, nel question time al Ministro Bussetti, chiederemo chiarimenti sulla norma ancora sconosciuta inserita nel Decreto approvato ieri in Consiglio dei Ministri, sia in merito alla soluzione strutturale del problema generato dalla sentenza del Dicembre scorso”, conclude Fassina.
Gli fa eco Nicola Fratoianni, anche lui di Liberi e Uguali: “Al di là delle buone intenzioni e dei buoni propositi annunciati finora, vogliamo avere dal governo notizie chiare e certe sulla vicenda delle maestre e dei maestri diplomati abilitati, che dal dicembre dello scorso anno dopo la sentenza della giustizia amministrativa si sta trascinando con decine migliaia di persone assunte o supplenti che vedono concretamente a rischio il proprio posto di lavoro e la propria esperienza professionale”.
Molto duro è anche il senatore Andrea Cangini, capogruppo di Forza Italia in commissione Istruzione, che dichiara: “La legislatura è iniziata, il governo è nel pieno delle sue funzioni, eppure tutto tace. Nessuno sa dire quali siano le intenzioni del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, sul futuro degli oltre 50mila insegnanti diplomati magistrali che rischiano di perdere ogni speranza di lavoro”.
“Oggi, in commissione Istruzione del Senato, il sottosegretario Giuliano ha detto che il governo intenderebbe aspettare le decisioni dei Tar e prendersi 120 giorni di tempo. Una posizione pilatesca: la politica ha il dovere di decidere e deve farlo prima dell’inizio dell’anno scolastico. Forza Italia a riguardo ha presentato un disegno di legge in Senato, se la maggioranza non ha idee lo faccia proprio”, conclude Cangini.
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