Destano stupore le parole della senatrice d’Onghia in merito alla possibile decisione del Consiglio di Stato di ammettere in Gae i diplomati magistrali, visto che coloro che hanno fatto ricorso sarebbero non più di 5.000 persone che lavorano già da anni nel mondo della scuola.
“Entrare in ruolo vuol dire aver lavorato nella scuola, conoscere le innovazioni del sistema scolastico di oggi”.
Gentile sottosegretaria d’Onghia, le maestre ed i maestri che, si auspica, entreranno in Gae, sono professionisti che lavorano già da molto tempo a scuola, perfettamente consapevoli delle “innovazioni del sistema scolastico” perché, insieme ai loro alunni, protagonisti a tutti gli effetti, nonostante sia stato loro negato il diritto al ruolo.
“Se vogliamo garantire la migliore scuola possibile, dobbiamo avere garanzie sulla preparazione degli insegnanti che accedono dalle Gae, garanzie che vanno verificate anche con la frequenza di un corso specifico di formazione, tanto più che se chi entra per concorso ha una certa preparazione, anche attraverso le Gae devono essere assunti docenti che garantiscano la loro preparazione e la loro capacità di stare in cattedra”.
Gentile sottosegretaria, le vorremmo ricordare che la legge 107 ha assunto personale senza servizio e con concorso vinto negli anni ottanta, panettieri e anche casalinghe ultra cinquantenni. Ricordiamo, inoltre, che molti insegnanti diplomati magistrali sono stati già assunti e hanno brillantemente superato l’anno di prova.
Basti questo a stabilire le competenze e le abilità di ogni singolo docente.
Ricordiamo, inoltre, che prima che il diploma magistrale venisse riconosciuto abilitante, il MIDA aveva proposto un corso abilitante, ovvero il PAS, ma per le università i colleghi non erano degni nemmeno di quello. Fortunatamente è arrivata la sentenza favorevole a sanare questa assurda situazione.
La sua maestra, le maestre e i maestri che negli anni hanno formato intere generazioni erano “semplici” diplomati e ricordiamo, inoltre, che fino al 1999 la nostra scuola elementare era considerata fiore all’occhiello dell’Istruzione Mondiale.
Si riformi, piuttosto, il sistema universitario e il corso di laurea in SFP che abilita ogni anno centinaia di aspiranti maestri per i quali non ci sarà mai stabilizzazione immediata e non certo a causa dei diplomati magistrali.
“Nel rispetto delle sentenze dobbiamo tutelare i diritti di chi lavora ma garantendo un sistema di elevata e qualificata formazione all’insegnamento”.
È questo il punto, gentile sottosegretaria. Questi docenti lavorano da anni, hanno acquisito una solida esperienza che va ad aggiungersi ad un titolo idoneo all’accesso in Gae. Generazioni di studenti sono state formate da questi professionisti che per un cavillo normativo sono state ingiustamente escluse dalla stabilizzazione, pur continuando a lavorare.
Lei stessa, nonostante il suo variegato percorso professionale, è sottosegretario all’Istruzione, un esempio mirabile di come si possa lavorare proprio grazie ad una grande esperienza maturata sul campo.
Il MIDA tuttavia concorda con lei su un punto: è proprio vero che “vantare un diritto è sacrosanto ma bisogna tener conto dell’importanza di una preparazione all’insegnamento fondata scientificamente e supportata da validi insegnamenti e percorsi di tirocinio formativo, adeguata alle riforme e innovazioni intervenute nella scuola negli ultimi vent’anni, quali, ad esempio, l’autonomia scolastica e le nuove indicazioni nazionali per il curricolo”.
È esattamente l’iter seguito dai nostri maestri, siamo convinti che giustizia finalmente sarà fatta il giorno 15 novembre 2017.
Rosa Sigillò – Coordinatrice Nazionale MIDA PRECARI
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