Continua la protesta dei maestri con diploma magistrale estromessi dalle GaE e destinati tornare nelle graduatorie d’istituto: se si eccettua una settimana di stop, chiesto delle istituzioni, la contestazione dura da oltre 30 giorni consecutivi. E gli organizzatori intendono andare avanti, anche se l’inaspettato stop alla formazione di Governo complica le cose.
Il 30 maggio il Coordinamento Diplomati Magistrali ha ricordato che “è in sciopero della fame e in presidio permanente davanti al Ministero della Pubblica Istruzione da ben 30 giorni (dal 28 aprile) e porta avanti la richiesta di una soluzione politica da ben prima delle pronunce giudiziarie, tra cui l’adunanza plenaria, che a fine anno scolastico porterà al declassamento di 55.000 insegnanti e al licenziamento di 6.480 di loro, ovvero il più grande licenziamento di massa della storia della Repubblica Italiana”.
“Da mesi e ora col nostro sciopero della fame – continua il coordinamento – abbiamo richiesto per il tramite di una protesta sino ad oggi composta ma ferma, una soluzione politica e civile, poiché a nostro avviso trattasi di una scelta di natura non tecnica ma che riguarda tutta la società civile e non solo noi maestri che da precari storici lavoriamo con orgoglio, nonostante tutto, per una Scuola Pubblica, ma anche le famiglie e tutti i cittadini che noi continuiamo a formare dall’infanzia fino alla primaria”.
Il rammarico dei maestri è notevole, perché ritengono – non solo loro – che il Governo uscente avrebbe potuto prendere in mano la situazione: “Secondo Gli attuali governanti, in virtù dei poteri di legge costituzionale, avrebbero potuto risolvere la nostra problematica considerando che l’anno scolastico termina il 9 giugno. Ora, qualora e se, entro il 9 giugno non vi sarà una risposta politica, ci riserviamo di annunciare nei prossimi giorni una grande mobilitazione ad oltranza e ulteriori iniziative di disobbedienza civile, perché come disse il grande giudice Imposimato (alla Tecnica della Scuola ndr) ‘Quando una legge è iniqua, la disobbedienza civile è necessaria'”.
Chi continua a chiedere un provvedimento urgente è anche l’Anief, che negli ultimi due giorni si è rivolto direttamente all’incaricato premier Carlo Cottarelli: “Qualora il nuovo esecutivo dovesse vedere la luce – ha detto il suo presidente Marcello Pacifico in Piazza Montecitorio, dopo un incontro al Tar del Lazio e al Miur – è bene sin da adesso che sappia qual è la priorità per non fare tracollare la scuola: bisogna riaprire le GaE dei precari prima di subito, già alla prima riunione della presidenza del Consiglio dei ministri. E il Parlamento confermi il decreto legge. In caso contrario saranno entrambi responsabili del licenziamento di 50 mila insegnanti della scuola italiana e dell’aumento della spesa pubblica dovuta a risarcimenti milionari che saranno richiesti a partire proprio dai tanti docenti assunti in ruolo e poi messi alla porta dopo avere addirittura superato l’anno di prova”.
“Il Parlamento, al di là di contratti o altri tipi di programmi, si dovrà assumere la responsabilità, prima del voto, di cosa ha voluto o non ha voluto fare per 50 mila maestre e insegnanti delle superiori e per garantire la continuità didattica a milioni di alunni. In alcune aree del Paese, infatti, senza più la maestra con diploma magistrale non ci saranno alternative, con il rischio che le classi rimangano addirittura prive di insegnante. Ecco perché – ha concluso il sindacalista – vista l’impellenza della situazione, prima che sia troppo tardi, entro metà giugno si approvi il decreto legge e si converta in pochi giorni”.
L’Anief aveva incontrato l’economista ex Fmi, alcuni anni fa, quando era Commissario per la spending review italiana: a seguito di quell’incontro, durante il quale si dimostrò, conti alla mano, che il 75% dei tagli degli ultimi dieci anni di tutta la PA erano stato attuati sulla scuola, Carlo Cottarelli cambiò la sua idea iniziale di fare economia anche sull’istruzione pubblica. Un concetto ribadito qualche mese fa, quando disse di non avere mai proposto tagli alla Scuola.
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