Pochi minuti dopo la notifica della data in cui si terrà la tanto attesa Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sono rimbalzati annunci, commenti, previsioni e polemiche.
Queste ultime, a onor del vero, hanno persino accompagnato tutto l’iter processuale, ancora non concluso, basate unicamente su posizioni ideologiche meritocratiche, superficiali quanto falsificanti, che hanno abbracciato posizioni che nulla in realtà hanno a che vedere con una vicenda, quella dei diplomati magistrali, sulla quale anche l’Europa si è espressa negativamente nei confronti del trattamento loro riservato dalle politiche sul reclutamento scolastico. Italiane.
Non ha senso ripercorrere, per gli addetti ai lavori e per i diretti interessati, una storia lunga tredici anni, nei quali il loro titolo non ha impedito lo sfruttamento da precari, per tappare i buchi di un sistema, quello scolastico, mai armonizzato e nel quale hanno giocato un ruolo fondamentale normative stratificate e discordanti, quelle richiamate in sede di ricorso e che hanno determinato provvedimenti cautelari in favore della categoria ricorrente.
Certo, se non ci fosse stata una disattenzione politica o, ancor peggio, un contrasto poco fruttuoso da parte dell’amministrazione centrale, la vicenda si sarebbe potuta concludere molto prima e meglio. Ma senza questi presupposti, l’unica via è sembrata quella legale, con i risultati parziali che tutti conosciamo: migliaia di docenti con questo titolo immessi in GAE e tra questi centinaia in ruolo, visti i corposi punteggi accumulati in anni di precariato e i loro titoli, tra cui lauree e titoli superiori.
Quando leggiamo che docenti non titolati sono entrati o entreranno nella scuola sorridiamo. Non ha senso rispondere a queste illazioni, frutto unicamente di disinformazione che disinformano a loro volta, screditando la scuola e chi nella scuola opera con piena titolarità da anni. Unica osservazione pertinente è ricordare che, sebbene precario, un docente è valutato dal MIUR, anche quando ricopre una supplenza temporanea.
Il suo titolo è valido all’insegnamento e ciò vale da precario o da titolare. Una inutile quanto fuorviante crociata contro una categoria di docenti non fa altro che additare il sistema, non chi ne è vittima, svelando che le logiche politiche scelgono o eleggono un titolo a favore di un altro, senza entrare mai veramente nel merito della realtà, forse ancora più drammaticamente disconoscendola o mistificandola. La vicenda dei diplomati magistrali, quindi, è per noi solo la punta di un iceberg, quello del precariato scolastico, sul quale grava il peso di scelte politiche che hanno favorito lo spezzettamento di una categoria, quella degli insegnanti, che persegue un obiettivo sociale, nella totale assenza di autorevolezza e negazione delle più basilari norme del diritto del lavoro.
Cosa ci aspettiamo dall’Adunanza Plenaria? Che faccia chiarezza per questa categoria di docenti della scuola primaria e che, tra le righe del Documento che emanerà, possa anche indirettamente indicare la strada per interpretare in modo corretto e univoco la vicenda di tutto il precariato scolastico italiano, di ogni ordine e grado di scuola.
Di certo, come associazione, non ci interessa mettere il cappello sulla vicenda, cosa puerile, come hanno tentato di fare organizzazioni e singoli. A noi interessa unicamente aver avviato e partecipato fino in fondo alla richiesta di affermazione di un diritto negato, non soltanto ai diplomati magistrali ma, di volta in volta ad altre categorie di docenti in servizio nella scuola statale, legittimamente, come precariato a tempo indeterminato. Un’associazione di docenti ha come unico scopo quello di ricordare che anche i precari sono parte integrante di un sistema. Essere i primi della classe a noi non interessa. Affermare il nostro valore in classe, sì!
La nostra più grande vittoria è stata contribuire a fare uscire allo scoperto la politica, mettendo in luce le contraddizioni e l’irrazionalità che la contraddistingue, in particolar modo in ambito scolastico, dove il precariato è stato la prima vittima. Con i titoli rottamati dai vari governi, si è finito con il rischio, tutt’altro che remoto, di rottamare persone, i docenti, di due o più generazioni.
Noi, abbiamo cercato ogni modo di impedirlo ed oggi aspettiamo con fiducia il tanto atteso consesso, convinti comunque che tanta strada è stata fatta e tanto sia stato già ottenuto!
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