La recente Ordinanza n. 88/2024 sull’aggiornamento delle GPS reca un’importante precisazione in ordine al servizio prestato dai diplomati magistrali, inseriti con riserva nelle GAE, ma poi depennati a seguito del rigetto del ricorso nel merito.
Soprattutto le Ragionerie Territoriali avevano messo in dubbio la valutabilità del servizio reso, in quanto – con ogni probabilità- senza il provvedimento cautelare favorevole, i ricorrenti non avrebbero lavorato.
Se per quanto riguarda la retribuzione percepita, si applica il disposto dell’art. 2126 c.c. in base al quale – essendo lo stipendio legato ad una prestazione lavorativa- la P.A. non può pretenderne la restituzione, si è posto il problema (non certamente secondario) del punteggio.
L’art. 8, comma 7 dell’O.M. dispone:
“Al fine di garantire omogeneità di trattamento a livello territoriale, il servizio prestato a seguito di provvedimenti adottati in sede giurisdizionale civile o amministrativa – che abbiano comportato il conferimento di nomine a tempo indeterminato o a tempo determinato sulla base dell’inserimento in graduatorie concorsuali, a esaurimento o di istituto – successivamente caducati dalle relative decisioni giurisdizionali costituisce servizio valutabile ai soli fini del riconoscimento del punteggio nelle graduatorie provinciali e di istituto.”
Del resto, con l’O.M. 112, il Ministero era andato ancora più in là.
Si ricorderà che il Ministero nella nota 1290/2020, richiamata nell’OM 112/2022, aveva stabilito che era valutabile persino il servizio prestato senza titolo di studio di accesso, se il suddetto titolo di accesso è in possesso dell’aspirante al momento di presentazione della domanda.
La disposizione contenuta nell’art. 8 lascia aperte alcune questioni.
Affermare che il servizio è valido ai soli fini del riconoscimento del punteggio nelle graduatorie provinciali e di istituto comporterebbe la non valutabilità del servizio ai fini della ricostruzione di carriera.
Tale disposizione appare in contrasto con quanto previsto dall’art. 485, comma 6, del testo unico della scuola, che prevede il riconoscimento dei servizi resi con il possesso del relativo titolo di studio.
Che dire poi di tutti quei docenti immessi in ruolo a seguito del concorso straordinario?
Come si ricorderà, uno dei requisiti per la partecipazione al concorso straordinario indetto con Decreto Dipartimentale n. 510/2020 era costituito dall’aver prestato almeno 3 anni di servizio (ancorchè non consecutivi) tra l’anno scolastico 2008/09 e l’a.s. 2019/20.
Ta i docenti ammessi alla procedura (e che hanno superato le prove e sono stati immessi in ruolo) figurano certamente tantissimi “diplomati magistrali” che hanno potuto partecipare in quanto è stato considerato anche il servizio reso a seguito di provvedimenti adottati in sede giurisdizionale civile o amministrativa (..) successivamente caducati dalle relative decisioni giurisdizionali.
Sembra alquanto improbabile che il Ministero intenda annullare le immissioni in ruolo già disposte e ripetere a distanza di anni le relative operazioni.
A parte i problemi legati all’applicazione retroattiva della disposizione contenuta nell’Ordinanza, ciò determinerebbe un notevole aggravio di lavoro per gli Uffici Territoriali, oltre che innescare un inevitabile contenzioso.
Contenzioso che potrebbe sorgere comunque all’atto della ricostruzione della carriera successiva alle immissioni in ruolo, se il Ministero dovesse insistere sulla sua tesi secondo cui il servizio sarebbe valido solo ai fini del riconoscimento del punteggio nelle graduatorie, in contrasto con la normativa primaria fissata dall’art. 485, comma 6 del T.U. della scuola.
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