Nelle ultime 24 ore non si fa che parlare della sentenza dell’adunanza Plenaria che ha detto No ai diplomati magistrali per l’inserimento in GaE. Abbiamo parlato dei possibili scenari in seguito alla decisione, ma anche di una richiesta corale di una soluzione politica che eviti un licenziamento di massa ma soprattutto, un terremoto nel sistema scolastico.
L’80% dei diplomati magistrali sono del centro-Sud trasferiti al Nord
A tal proposito, una interessante tabella della Uil Scuola mostra i dati in merito ai diplomati magistrali: in totale sono 55.000/60.000 i ricorrenti inseriti con riserva in GaE, mentre i diplomati che hanno ricorsi passati già in giudicato tra immissioni in ruolo ed inserimento in Gae sono 2300.
Per quanto riguarda i ricorrenti immessi in ruolo con riserva, il sindacato ne rileva circa 1300.
Dal totale, però emerge una percentuale chiara: l’80% dei diplomati magistrali sono del centro-Sud, inseriti nelle GaE delle regioni del Nord. Numero certo non sorprendente, ma sicuramente fornisce una panoramica che mostra una difficoltà ulteriore, perché, coloro i quali dovessero essere espulsi dalle Gae e risolti i contratti di assunzione con riserva, si creerebbe un grandissimo danno economico, con docenti che hanno “investito” sul trasferimento al Nord.
I numeri | |
55.000/60.000 | ricorrenti inseriti con riserva in Gae |
2.300 | ricorsi passati già in giudicato tra immissioni in ruolo ed inserimento in Gae |
1.300 circa | ricorrenti immessi in ruolo con riserva |
80% | dei ricorrenti provengono dal Centro/Sud ma quasi tutti inseriti nelle graduatorie del Nor |
I sindacati: intervenga il Miur
La stessa Uil Scuola, si accoda agli altri sindacati, che in queste ore hanno mostrato perplessità in merito, ma soprattutto, hanno richiamato il Ministero alle proprie responsabilità, chiedendo un intervento politico risolutivo: “Si è creata una situazione paradossale nella quale la stratificazione burocratica delle norme va ad incidere sul lavoro e sul futuro delle persone – spiega il segretario Uil Scuola Pino Turi. Questo accade quando la politica delega alla magistratura la soluzione dei problemi”.
Siamo intenzionati – aggiunge Turi – a indicare e perseguire soluzioni politiche e sindacali per garantire i lavoratori senza che siano costretti a cadere nell’alea dei contenziosi e nei ricorsi giurisdizionali che, per loro natura, non sono in grado di dare risposte collettive, ma solo individuali”.
“Siamo in presenza di un evidente disparità di trattamento – sottolinea Turi – che abbiamo già evidenziato quando si è discusso della delega sulla formazione iniziale dei docenti della secondaria. Quell’impianto presenta, infatti, una inaccettabile disparità di trattamento, proprio perché lascia fuori il segmento primario che avrebbe titolo ad avere la fase transitoria di reclutamento, in modo analogo a quanto previsto per i colleghi della secondaria. Il punto di partenza è dunque quello dell’unicità della funzione docente – osserva il segretario generale della Uil Scuola – è da lì che bisogna partire per trovare il bandolo della matassa, ma per farlo occorre un provvedimento normativo che è ormai affidato alla prossima legislatura”.
Mobilitazione 8 gennaio
Nel frattempo le associazioni MIDA e ADIDA hanno già fatto sapere che vorranno impugnare la decisione dell’Adunanza Plenaria innanzi alla CEDU. Inoltre, è prevista per l’8 gennaio una mobilitazione per “esigere una soluzione politica che chiediamo nel nostro piccolo da tempo è che oggi è più difficile ottenere. La manifestazione di massa sarà aperta a tutte le categorie, agli insegnanti, ai docenti, agli studenti e alle loro famiglie e a tutte le sigle sindacali e associazioni”.
Fra le sigle che hanno aderito alla mobilitazione dell’8 gennaio, c’è la Cub Piemonte, che tuona: “Una sentenza inaccettabile che pone il governo di fronte alla necessità di trovare una soluzione che garantisca i diritti delle colleghe e dei colleghi. Soprattutto una sentenza che pone le colleghe ed i colleghi e le organizzazioni sindacali del comparto di fronte alla necessità di AGIRE senza porre tempo in mezzo a difesa di chi è stato colpito e dello stesso diritto di tutte e tutti a vivere in una situazione nella quale non possa avvenire che un titolo abilitante all’insegnamento possa essere “ritirato” con un tratto di penna”.