La Guardia di Finanza sgomina a Gela, in provincia di Caltanissetta, un’associazione a delinquere attraverso la notifica di sette ordinanze di custodia cautelare, di cui tre agli arresti domiciliari: quella che appare come una delle news di cronaca che accompagna il flusso di radio-giornali e tg televisivi è in realtà un notizia che ha come sfondo la scuola. Ed in particolare l’atto finale del percorso scolastico: i diplomi. Quell’agognato “pezzo di carta” che in alcuni istituti privati continua ad essere assegnato non certo per meriti scolastici, ma solo attraverso l’elargizione di somme di denaro: quantificate tra i 3 mila ed i 5 mila euro. Circa 400 studenti, provenienti da tutta Italia sulla scorta di false attestazioni, pur frequentando pochissime lezioni e avendo una scarsissima preparazione avrebbero ottenuto i diplomi di scuola media secondaria.
La Finanza, che ha chiamato l’inchiesta ‘Atena’, lavorava da tempo su un fenomeno tutt’altro che isolato: i diplomi facili venivano elargiti in ben 12 istituti sparsi tra la Sicilia e la Calabria. Tanto che nell’inchiesta sono coinvolti come indagati oltre 200 fra docenti, personale amministrativo, ispettori e collaboratori, tutti coinvolti in qualche modo nella falsificazione dei registri ed esami. Oltre agli istituti, i militari hanno anche sequestrato otto società con i relativi beni immobili per un valore complessivo di 2 milioni di euro. Il coordinamento dei fatti illeciti aveva come base prevalentemente a Gela, Licata e Catania: “rilasciava a piene mani e agevolmente diplomi, facendo apparire – spiega in una nota la Guardia di Finanza – come effettivamente avvenute attività scolastiche quali frequenza, didattica o esami, mentre in realtà nulla di ciò era stato fatto dagli studenti”.
Anche se i regolamenti non possono essere certo additati come le cause degli illeciti accaduti in Sicilia e Calabria, va detto che il Parlamento farebbe bene a colmare il buco normativo, creato dalla revisione degli esami attuata durante l’ultima legislatura di Romano Prodi, che permette ai candidati privatisti di accedere agli esami senza passare per il giudizio dei Consigli di Classe: il tutto proprio mentre i frequentanti sono costretti a presentarsi agli scrutini con tutte sufficienze, compresa la condotta.
Anche se i regolamenti non possono essere certo additati come le cause degli illeciti accaduti in Sicilia e Calabria, va detto che il Parlamento farebbe bene a colmare il buco normativo, creato dalla revisione degli esami attuata durante l’ultima legislatura di Romano Prodi, che permette ai candidati privatisti di accedere agli esami senza passare per il giudizio dei Consigli di Classe: il tutto proprio mentre i frequentanti sono costretti a presentarsi agli scrutini con tutte sufficienze, compresa la condotta.
“Sono ammessi agli esami di Stato – si legge nella Circolare ministeriale n. 85/09 del 15 ottobre 2009 firmata dal direttore generale Mario Dutto – gli alunni dell’ultima classe che, nello scrutinio finale, conseguono una votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline valutate con l’attribuzione di un unico voto secondo l’ordinamento vigente e un voto di comportamento non inferiore a sei decimi (art.6, comma 1, D.P.R. 22 giugno 2009,n.122)”.
Una discrepanza che nell’ultimo biennio ha portato direttamente alle prove, senza alcuna verifica, quasi 50.000 candidati.
Una discrepanza che nell’ultimo biennio ha portato direttamente alle prove, senza alcuna verifica, quasi 50.000 candidati.