Che nelle ultime settimane nelle presidenze si respirasse un’aria pesante lo abbiamo più volte raccontato, ma adesso i presidi, o quantomeno alcuni, fanno sul serio.
Infatti, il sindacato Dirigentiscuola, che conta più di 500 adesioni, ha annunciato lo sciopero della fame.
Come riporta anche La Repubblica, dal 22 al 26 maggio i capi d’istituto aderenti al sindacato in questione daranno vita a sit-in di protesta davanti alla sede del ministero dell’Istruzione, in viale Trastevere, con sciopero della fame, della sete e incatenamento.
Inoltre sono previste altre manifestazioni regionali e se, come riportano nel comunicato i presidi, nessuno li ascolterà, “l’azione di protesta continuerà, se necessario in modo ancor più incisivo, fino a quando non sarà verificata la concreta volontà delle Istituzioni per la soluzione delle significative, ed oramai incancrenite, problematiche” relative ai capi d’istituto italiani”.
Sempre La Repubblica, riporta le motivazioni reali che hanno portato allo sciopero Dirigentiscuola (Disconf-Confedir), che dallo scorso mese di ottobre ha conquistato la poltrona che conta nelle negoziazioni, diventando uno dei sei sindacati nazionali rappresentativi dei dirigenti scolastici: negli ultimi anni le responsabilità e il carico di lavoro degli 8 mila presidi italiani sono aumentate in maniera abnorme senza nessun corrispettivo economico. Anzi. Il loro contratto è scaduto nel 2010 e di rinnovarlo non se ne parla affatto. Un carico di lavoro che è aumentato soprattutto dopo l’approvazione della Buona-scuola: nei primi due anni di applicazione della riforma i presidi sono stati oberati di impegni e l’estate scorsa sono stati costretti a rinunciare anche alle ferie per mettere in pratica la “chiamata diretta”, svoltasi in pieno agosto. Ma non solo: basti pensare al dimensionamento scolastico che ha accorpato 42 mila plessi scolastici in poco più di 8 mila scuola. Col risultato di addossare ad ogni capo d’istituto in media la gestione di 5/6 plessi. Con punte di 15.
Anche il dislivello di trattamento economico, più volte lamentato anche da altre sigle, fra i dirigenti scolastici e i loro omologhi delle altre amministrazioni pubbliche continua ad essere uno dei motivi principali della protesta.
“Invito i colleghi tutti, soci e non soci – spiega Attilio Fratta, segretario generale del sindacato che scende in piazza dal 22 maggio – a partecipare. È ora di far sentire forte e chiara l’indignazionedella categoria non più disposta ad essere sommersa da molestie burocratiche, a essere capro espiatorio in ogni situazione, a rispondere di inadempienze altrui, ad essere considerata dirigente solo per competenze e responsabilità con una retribuzione vergognosa”.
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