Riceviamo a pubblichiamo un documento prodotto dal dottor Filippo Li Causi, Funzionario UNEP presso il Tribunale di Marsala, a proposito delle competenze e dei “poteri” del dirigente scolastico in Italia.
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Quali sono i limiti ed i confini entro cui dovrebbe muoversi un dirigente scolastico per non scivolare in un eccesso di potere? Ecco un esempio di cosa si trova sui siti delle diverse scuole.
Le riforme che nel corso degli anni hanno riguardato la figura del dirigente scolastico hanno via via condotto ad un potere che può definirsi “assoluto” dello stesso.
Ci si è ridotti ad una sola persona a cui viene affidato il compito/potere di decidere chi mettere ai posti di comando, come investire i pochi fondi di pertinenza assegnati alle istituzioni scolastiche, redigere il piano di miglioramento, sulla base del quale viene stilato il PTOF.
E’ pur vero che la normativa prevede la sussistenza di organi democratici in seno all’istituzione scolastica, come il consiglio d’istituto ed il collegio docenti, ma si deve anche riconoscere che, nei fatti, si tratta di organi depredati di ogni ruolo, i quali non possono fare altro che approvare le scelte del “capo supremo” per paura di ritorsioni (proprio come succede nelle peggiori dittature).
Queste appena riportate sono tristi considerazioni che vogliono prendere spunto da un “Regolamento di Vigilanza”, presentato quale allegato al Regolamento di istituto di una istituzione scolastica presente sul territorio italiano, adottato in modo unilaterale dal Dirigente scolastico, ma di cui è stata successivamente chiesta l’approvazione in seno al primo collegio docenti utile (chiaramente da nessuno dei docenti disapprovato per le ragioni sopra espresse).
Prima di sottoporre all’attenzione di chi legge le parti salienti di questo Regolamento e che hanno destato lo stupore di chi scrive e dei docenti che ne sono e saranno le vittime indifese, si vuole richiamare la norma fondamentale che si ritiene deputata a dettare i principi generali in materia di ruolo e poteri dei Dirigenti scolastici.
Si tratta dell’art. 25 del D.lgs. 30.03.2001 n. 165, contenente “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” e dedicato espressamente ai Dirigenti delle istituzioni scolastiche (perché anche loro sono alle dipendenze della P.A.), che così recita (se ne riportano per comodità di lettura le parti salienti):
“1. Nell’ambito dell’amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonomia a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modificazioni ed integrazioni…..
2. Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza, é responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacali.
3. Nell’esercizio delle competenze di cui al comma 2, il dirigente scolastico promuove gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio, per l’esercizio della libertà di insegnamento, intesa anche come libertà di ricerca e innovazione metodologica e didattica, per l’esercizio della libertà di scelta educativa delle famiglie e per l’attuazione del diritto all’apprendimento da parte degli alunni.
4. Nell’ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale.
5. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti, ed è coadiuvato dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con autonomia operativa, nell’ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi generali dell’istituzione scolastica, coordinando il relativo personale.
6. II dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio di istituto motivata relazione sulla direzione e il coordinamento dell’attività formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo per l’esercizio delle competenze degli organi della istituzione scolastica.
7. …..omissis….
8. ….omissis….
9. ….omissis…..
10. ….omissis….
11. ….omissis…..”
Leggendo la norma, ci si accorge che due sono fondamentalmente le parti dalle quali il dirigente scolastico deve trarre la fonte dei suoi poteri, ovvero il comma 2, ove è detto che “Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacali” ed il comma 4, in cui si legge che “Nell’ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale”.
Ebbene, da tale fonte normativa ecco quali superpoteri ha avuto l’ardire di trarne un dirigente scolastico, non solo arrogandosi una potestà regolamentare, ma perfino inserendo in un c.d. “Regolamento di vigilanza”, presentato quale allegato al PTOF, disposizioni che secondo la sua potestà di imperio dovrebbero essere capaci di derogare perfino alla normativa contrattuale su cui si fonda il rapporto di lavoro di docenti e collaboratori scolastici.
Dopo aver premesso quanto segue:
“La responsabilità civile extracontrattuale dell’Amministrazione scolastica per fatti imputabili ai propri dipendenti attiene, da un lato, all’omissione rispetto all’obbligo di vigilanza sugli alunni minori (ex art. 2047 – 2048 c.c.) e, dall’altro, all’omissione rispetto agli obblighi organizzativi e di controllo e di custodia ( ex art. 2043 e 2051 c.c.).
In ordine al primo aspetto, oltre ai citati articoli di legge sopra richiamati, va citato l’art. 61 della legge 11/7/80 n. 312 ancora vigente. Nell’uno e nell’altro caso la sussistenza della responsabilità civile dell’Amministrazione Scolastica consegue ex art. 28 Cost. alla responsabilità civile dei propri dipendenti tenuti agli obblighi predetti, in relazione ai propri specifici doveri d’ufficio”
considerazioni tutte corrette, sulle quali non può non concordarsi, anche perché frutto dell’elaborazione giurisprudenziale, che giustamente il dirigente richiama all’attenzione del Suo personale, magari poco avvezzo a leggere la giurisprudenza o ad ascoltare i notiziari (anche se ormai il maggior numero degli insegnanti, anche di scuola dell’infanzia, è munito di laurea e per di più in giurisprudenza), si riporta pedissequamente ciò che viene regolamentato, con la precisazione che tutto il personale è tenuto alla scrupolosa osservanza delle disposizioni organizzative fissate in quella fonte regolamentare:
“Nei casi in cui il riaffido dell’alunno ai genitori non risultasse avvenuto, il personale, anche se contrattualmente fuori servizio, prolungherà la vigilanza sull’incolumità del minore per il tempo necessario a rendere nota la predetta situazione all’Amministrazione scolastica e permettere alla stessa di provvedere ad organizzare l’affidamento con i mezzi ritenuti idonei.
Fra gli obblighi di servizio del personale docente vi è quello di vigilare sugli alunni per tutto il tempo in cui essi permangono all’interno del plesso scolastico (aree cortilive e laboratori esterni compresi) fino al loro congedo o affidamento ai genitori o persona appositamente delegata.
Si continua così disponendo:
“Non è possibile lasciare al termine dell’attività didattica il minore alla vigilanza del collaboratore scolastico in quanto particolari adempimenti di comunicazione scuola – famiglia – segreteria e Autorità di Pubblica sicurezza in caso di irreperibilità del genitore sono di competenza dell’adulto a cui il minore è affidato per le finalità per cui si trova in quel luogo (ovvero la frequenza scolastica) ; il collaboratore scolastico ha il compito di vigilare nei vani comuni o per emergenze ma, alla fine delle lezioni, deve svolgere la sua mansione di pulizia e riordino”.
In altro paragrafo del medesimo regolamento, invece, è dato leggere quanto segue:
“I collaboratori scolastici, al suono della campanella del cambio orario, devono sospendere ogni altra attività per coadiuvare i docenti del piano/area di competenza nella vigilanza sugli alunni.
Per consentire l’avvicendamento dei docenti, a richiesta, devono sostituirli nella vigilanza di un gruppo classe. Il collaboratore scolastico, avuto l’affidamento della sorveglianza sugli alunni da parte di un docente, vigila sulla scolaresca finché non giunge l’insegnante in servizio nell’ora successiva. Per contribuire ad assicurare la continuità della vigilanza sugli alunni durante il cambio di turno dei docenti, i collaboratori scolastici, in caso di ritardo di un docente subentrante, sorvegliano la classe fino al suo arrivo. I collaboratori scolastici, all’inizio delle lezioni antimeridiane o pomeridiane o ai cambi orari, devono accertarsi di eventuali ritardi o di assenze dei docenti nelle classi del piano/area di competenza. In caso di ritardo o di assenza dei docenti, non tempestivamente annunciati dagli stessi, i collaboratori scolastici sono tenuti a vigilare sugli alunni dandone, nel contempo, avviso al responsabile di plesso”.
Ebbene, questo è ciò che ci si chiede: su quali basi normative è fondato il potere del Dirigente scolastico di imporre al corpo docente di prolungare la vigilanza sul minore anche se contrattualmente fuori servizio, ovvero di disporre di una figura professionale anche nel suo tempo libero, giungendo perfino a ledere la libertà personale dell’individuo, consacrata dall’art. 4 della Costituzione e, pertanto, la cui tutela non può che essere di grado pari alla richiamata responsabilità civile dell’impiegato di cui all’art. 28 cost.?
Eppure, sindacati e legislatore si sono tanto preoccupati di stabilire dei paletti fermi determinando un tetto massimo annuale nelle ore di servizio dei docenti, distinguendoli in ore dedicate all’insegnamento ed ore dedicate ad attività funzionali all’insegnamento.
In questo caso, l’attività del docente, anzi del docente fuori servizio, in quale ambito va inserita e, soprattutto, da quale contratto è regolata se svolta al di fuori del proprio contratto di lavoro?
Certo, se una pretesa di tale tipo può non nuocere a chi svolge attività lavorativa presso il proprio domicilio (il quale, per mero spirito di volontariato, potrebbe anche sacrificarsi e prestare il fianco, senza grave nocumento, ai capricci del dirigente scolastico), la stessa cosa non può dirsi per chi è costretto a viaggiare ed a percorrere diversi chilometri per raggiungere la propria sede di lavoro, per di più se utilizza mezzi pubblici.
Come ci si pone nei confronti del docente che, anche per qualche minuto di ritardo dei genitori nel prelevare i propri figli, è costretto a non potersi avvalere del primo mezzo pubblico che può ricondurlo alla propria abitazione ed ai propri affetti familiari, così sacrificando la propria libertà personale e di movimento chissà per quanto tempo?
Continuando ad analizzare il testo regolamentare sopra riportato, a paradigma di ciò che i dirigenti scolastici sono giunti a poter disporre, viene in considerazione un altro aspetto che si ritiene paradossale: non solo si ha la pretesa di imporre delle disposizioni ai docenti anche una volta cessata la prestazione lavorativa, ma si deroga a quanto disposto dal CCNL relativo alla figura del collaboratore scolastico.
Questo è ciò che viene testualmente previsto nel profilo Area A CCNL 24/07/03:
“Il personale collaboratore scolastico è addetto ai servizi generali della scuola, con compiti sussidiari di accoglienza e di sorveglianza nei confronti degli alunni, nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all’orario delle attività didattiche, durante l’intervallo, di custodia e sorveglianza generica sui locali scolastici, di collaborazione con i docenti”.
Nel caso di specie, invece, il dirigente non solo si arroga la potestà di voler disporre di personale e risorse al di fuori del rapporto di lavoro, ma ha la pretesa, nell’esercizio della sua “potestà regolamentare” di derogare ad una norma sicuramente di rango superiore quale è quella contenuta nel CNNL, che impone sulla figura del collaboratore scolastico l’obbligo di sorveglianza nei confronti degli alunni nei momenti successivi all’orario delle attività didattiche, ossia proprio in quei momenti in cui viene precisato che “Non è possibile lasciare al termine dell’attività didattica il minore alla vigilanza del collaboratore scolastico”.
Il paradosso, poi, si raggiunge quanto, nel corpo di quel medesimo regolamento, si rimarca, questa volta nel rispetto delle norme contrattuali in vigore, che il collaboratore scolastico ha l’obbligo di sorveglianza perfino sull’intero gruppo classe in assenza del docente (situazione non certo dissimile da quella del docente che, terminato diligentemente il proprio orario di lavoro, è del tutto libero di andarsene).
A conferma delle considerazioni sopra svolte e dei dubbi di legittimità dell’operato di alcuni dirigenti scolastici, che nessuno purtroppo si azzarda a contestare, si vuole sottoporre all’attenzione ciò che è stato pubblicato sul sito web di un’altra istituzione scolastica, questa volta sotto forma di “direttiva obbligo di vigilanza sugli alunni”:
“Art. 8-USCITA DEGLI ALUNNI DA SCUOLA
Collaboratori scolastici
Per assicurare la vigilanza, al termine di ogni turno di attività di lezione, i collaboratori scolastici sono tenuti a:
-sorvegliare gli alunni in permanenza a scuola oltre l’orario scolastico fino all’arrivo dei familiari quando affidati.
I collaboratori scolastici svolgono opera di sorveglianza anche nei momenti successivi all’orario delle attività didattiche.”
A questo punto, dunque, sarebbe davvero opportuno un intervento legislativo volto a precisare quali sono i concreti poteri che si è inteso affidare ai dirigenti scolastici nell’esercizio di quella che è stata consacrata come autonomia scolastica, piuttosto che continuare a dover assistere a veri e propri abusi di potere, camuffati da provvedimenti delle più disparate nature, quali regolamenti, direttive o altro che la fantasia del singolo dirigente deciderà di inventarsi (forse si rischia di arrivare un giorno a qualche “legge interna”).
Filippo Li Causi