Categorie: Personale

Dirigenti scolastici, cosa accade quando si sospende un docente dal servizio

La recentissima sentenza n. 690 del 3 novembre 2015 del Tribunale di Lodi, Sezione Lavoro, offre lo spunto per una riflessione intorno ad una questione di non poco rilievo per gli operatori dell’amministrazione scolastica.

Il provvedimento in parola si inserisce in un orientamento giurisprudenziale, per il momento piuttosto isolato e non (ancora) consolidato, in base al quale è precluso al dirigente scolastico il potere di comminare la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio fino a dieci giorni nei confronti del personale docente.

Il Giudice lodigiano, con una motivazione piuttosto epigrafica ha stabilito che: “il dirigente scolastico non è dotato del potere di irrogare al personale docente la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione” in quanto “l’interpretazione delle norme di legge e di contratto collettivo portano a ritenere che la competenza del dirigente debba ritenersi limitata alle infrazioni di minore gravità”.

Nella specie, per il giudicante, detto assunto troverebbe giustificazione nell’interpretazione dell’art. 492 del D.L.vo 297/94 in combinato disposto con l’art. 55 bis del D.L.vo n. 165/2001.

Com’è noto, effettivamente, ai sensi dell’art. 492 del D.L.vo n. 297/94, ancora vigente, le sanzioni irrogabili al personale docente sono:

a) censura;

b) sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio fino a un mese;

c) sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio da oltre un mese a sei mesi;

d) sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio per un periodo di sei mesi e l’utilizzazione, trascorso il tempo di sospensione, per lo svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente o direttiva;

e) la destituzione.

L’art. 55 bis, comma 1, del D.L.vo n. 165/2001, così come modificato dal D.L.vo n. 150/2009, ha introdotto un tipo di procedimento disciplinare c.d. breve o semplificato, la cui competenza è stata attribuita direttamente al responsabile della struttura nella quale lavora il dipendente, purchè, ovviamente, abbia qualifica dirigenziale. Detto tipo di procedimento interessa le infrazioni di minore gravità ovvero quelle per le quali siano comminabili sanzioni superiori al rimprovero verbale, sino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per una durata massima di dieci giorni.

E, dunque, per il tribunale di Lodi il dirigente scolastico non può comminare la sospensione dal servizio fino a dieci giorni giacché, a differenza di quanto previsto per il personale Ata, per il personale docente, a mente del predetto art. 492 D.L.vo n. 297/94, non è prevista analoga sanzione.

Il giudicante ha, essenzialmente, tenuto conto del solo principio di tipicità e tassatività delle sanzioni.

E tuttavia, poco “protetto” sembra l’approdo normativo cui il giudice ha ricondotto il caso!

Infatti, a giudizio di chi scrive, l’avallo normativo posto a fondamento della sentenza in esame appare carente poiché la fattispecie non può ritenersi esaurita e risolta attraverso il richiamo del mero (per quanto rilevante) principio di tipicità delle sanzioni.

Nel tentativo di svolgere una più compiuta ricostruzione del quadro normativo all’interno del quale collocare l’odierna fattispecie, si osserva che il D.L.vo n. 150/2009 ha dispiegato, come è noto, un incisivo intervento in materia disciplinare al fine di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici e di contrastare fenomeni di scarsa produttività.

 

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La materia era prima largamente affidata alla contrattazione collettiva, sia per la definizione delle fattispecie di illecito disciplinare e delle relative sanzioni, sia per la regolazione dei profili procedurali. Il D.L.vo n. 165/2001 conteneva solo alcune norme di principio, più che altro relative al procedimento ed alla eventuale impugnazione delle sanzioni, con ampi rinvii alla contrattazione ed allo Statuto dei Lavoratori, il tutto contenuto negli artt. 55 e 56.

La riforma del 2009 muove da un innovativo (a seconda dei punti di vista!) presupposto fondamentale: la materia disciplinare è affidata prevalentemente alla legge ed in particolare a disposizioni caratterizzate dal principio dell’imperatività, con conseguente sostituzione automatica delle clausole contrattuali nulle per contrasto con norme imperative. Pur restando il rinvio alla contrattazione collettiva per la definizione delle infrazioni e delle relative sanzioni, viene, ad ogni modo, fatto salvo quanto previsto dai nuovi articoli inseriti nell’originario D.L.vo 165/2001 dopo l’art. 55. Il che significa che le norme introdotte dalla riforma non chiudono gli spazi alla disciplina di fonte contrattuale, ma la integrano , delineando inderogabilmente alcune fattispecie.

Anzitutto, la riforma ha introdotto un nuovo modello procedurale dell’azione disciplinare prevedendone forme e termini proprio nell’art. 55 bis del novellato D.L.vo 165/2001. La norma ha senza dubbio introdotto un nuova rappresentazione delle c.d. infrazioni di minore gravità che il Legislatore ha ritenuto, conseguentemente, di punire con sanzioni che vanno dal rimprovero verbale alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a 10 giorni.

Se ne deduce che, per tutti i pubblici dipendenti, la gamma delle sanzioni meno gravi siano, oggi, da considerare quelle che spaziano dal rimprovero verbale alla sospensione fino a 10 giorni.

In disparte l’affermato principio di prevalenza della legge rispetto al contratto, non vi è dubbio che la disposizione di cui all’art. 55 bis, primo comma, del D.L.vo n. 150/2009 abbia modificato il citato art. 492 del D.L.vo n. 297/94, in ragione del principio della successione nel tempo delle leggi, con la evidente conseguenza che le sanzioni di minore gravità previste per il personale docente non possono più ritenersi esclusivamente il rimprovero verbale e la censura, ma a quelle deve aggiungersi anche la sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a 10 giorni.

Per completezza, si rammenta altresì che per il principio del tempus regit actumdeve essere applicata la normativa vigente al momento dell’adozione del provvedimento.

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Ciò premesso, è fuori discussione che la competenza ad irrogare le sanzioni di minore gravità sia da ascrivere ad un soggetto avente qualifica dirigenziale; e, d’altra parte, è quanto dispone espressamente il medesimo art. 55 bis.

Ora, non vi è chi non riconosca che il “preside” sia un dirigente!

A fugare eventuali dubbi è doveroso richiamare l’art. 25 del D.L.vo n. 165/2001, intitolato “dirigenti delle istituzioni scolastiche”, nella parte in cui la norma stabilisce che : “il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane”. Ed ancora: “nell’ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale”.

Ne deriva che il personale della scuola, compreso chiaramente il personale docente, è assoggettato al potere direttivo del dirigente scolastico, potere da cui direttamente promana quello disciplinare, circoscritto, per le considerazioni che precedono al rimprovero verbale, alla censura ed alla sospensione dal servizio fino a 10 giorni.

 

(*) Funzionario Miur

Redazione

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