In un momento difficile e ricco di novità di ogni genere, ad aumentare la complessità della gestione delle scuole arrivano anche le relazioni sindacali di istituto e un po’ dovunque nascono difficoltà, malumori e – in qualche circostanza – veri e propri contenziosi.
Il Ministero stesso non aiuta certamente a fare chiarezza sulle modalità di gestione delle relazioni fra i dirigenti scolastici e le rappresentanze sindacali unitarie elette a metà dicembre nella stragrande maggioranza delle scuole italiane.
E’ di questi giorni – per esempio – il rapido dietro-front dell’Amministrazione Scolastica sulla questione della incompatibilità fra incarico di rappresentante sindacale e componente del consiglio di istituto; in un primo tempo la Direzione Generale per l’Istruzione Classica, in risposta ad un quesito posto da un dirigente scolastico della provincia di Viterbo, si era pronunciata per la incompatibilità fra i due incarichi; pochi giorni fa il MPI ha invece precisato che la questione non può essere affrontata con un atto unilaterale della Amministrazione ma necessita di un accordo fra le parti.
La nascita delle RSU fa insomma emergere l’esigenza che anche all’interno della scuola uffici e dirigenti incomincino ad affrontare i problemi con modalità del tutto diverse rispetto al passato: molte questioni – d’ora innanzi – non potranno più essere risolte a colpi di decreto o di circolare ma dovranno essere sottoposte alla contrattazione con le rappresentanze sindacali.
E poi c’è la questione della composizione del tavolo della trattativa: l’Aran ha precisato che gli accordi di istituto devono essere sottoscritti dal dirigente scolastico e dai rappresentanti di scuola, anche se alla trattativa e alla discussione che precedono la firma possono prendere parte i sindacati provinciali titolati a siglare i contratti a livello nazionale.
Ma non a tutti questa soluzione piace: è soddisfatto lo Snals che in questo modo vede di fatto rivalutata la propria posizione nonostante la sconfitta elettorale, mentre la Gilda critica aspramente questa ipotesi non solo per motivi di merito ma anche perché – di fatto – non avrebbe la possibilità di garantire una presenza capillare dei propri delegati provinciali alle trattative in corso nelle singole scuole.
Cgilscuola si è limitata a prendere atto della interpretazione dell’Aran ma ha invitato le proprie strutture provinciali a non interferire con le relazioni sindacali di istituto se non per fornire aiuto e consulenza ai rappresentanti di scuola.
Al momento attuale le difficoltà maggiori sembrano però legate al fatto che – spesso – i rappresentanti eletti sono insegnanti o altri operatori (impiegati amministrativi, bidelli, …) poco esperti di questioni sindacali che faticano parecchio a gestire le relazioni interne.
Un’azione formativa rivolta in modo capillare a tutti i neo-eletti potrebbe essere utile, ma, per il momento, solo la CgilScuola sembra aver imboccato con decisione questa strada.
Resta il fatto che i voti raccolti dai sindacati nella tornata elettorale sono serviti per misurare il peso di ciascuna organizzazione a livello nazionale; tanto che sorge il sospetto che spesso le liste siano state presentate più per aumentare la "visibilità" complessiva della organizzazione che per favorire davvero la crescita di relazioni sindacali all’interno delle istituzioni scolastiche.
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