I lettori ci scrivono

Dirigenti scolastici fuori regione, le regole erano note fin dal principio

Nel leggere la petizione “Tu da che parte stai?”, pubblicata il 23 marzo su Tecnica della Scuola, avevo creduto in un primo momento, per contenuto e tenore, di trovarmi dinanzi al solito comunicato dei ricorrenti, che di tanto in tanto fanno rumore, sperando di far passare le loro pretese come una battaglia di civiltà.

Dopo le prime righe, però, mi sono resa conto che non si trattava di una lettera degli “inidonei”. Il firmatario era Benedetto Lo Piccolo, vincitore del concorso DS 2017, il quale si faceva portavoce del disagio dei neo-dirigenti finiti fuori regione.
A creare l’equivoco è la modalità di comunicazione che, già a partire dal titolo, punta alla “divisione”, piuttosto che all’approccio conciliativo e costruttivo tipico del dirigente.

L’autore, invece, adotta come strategia comunicativa “la miglior difesa è l’attacco”, tipica di chi ha argomentazioni deboli.
Constatare che questa tecnica, da noi altri sempre criticata negli avversari, venga usata da un neo-ds, contro i suoi stessi colleghi che lo seguono in graduatoria, desta non poca perplessità. Perché l’autore della missiva gira la questione della mobilità straordinaria in una maniera talmente pretestuosa, da lasciare senza parole.  

Personalmente, ho sempre difeso gli idonei del concorso DS 2017, eppure alla domanda della petizione non so proprio cosa rispondere.

Vorrei rispondere al preside Lo Piccolo che sto dalla sua parte nel momento in cui lamenta una condizione di disagio, essendo finito fuori regione per via di un meccanismo di reclutamento alquanto discutibile. E, per quanto i neo-ds “in esilio” siano, diciamo così, degli emigrati di lusso rispetto a tanti docenti costretti a vivere fuori regione con uno stipendio che è la metà del loro, resta comunque da capire la sofferenza di chi si è dovuto separare dai propri cari, svolgendo l’anno di prova nel bel mezzo di una pandemia. Ecco perché si potrebbe pure condividere la parte finale della lettera in cui Lo Piccolo chiede ai sindacati di trovare una soluzione al problema, che sia buona per tutti.

Tuttavia, al collega devo rispondere che non posso stare dalla sua parte, assolutamente, nel momento in cui fa affermazioni parziali, distorcendo i fatti, al solo fine di portare acqua al suo mulino.

Sono con lui quando afferma che “bisogna ragionare con la logica e non curvare la norma a proprio piacimento” e pure quando parla di disparità di trattamento. Non sono con lui, però, quando lamenta il poco rispetto della graduatoria di “merito”, perché lui sa bene, ma omette di dirlo, che quella graduatoria è frutto di una forte disomogeneità valutativa che ha avvantaggiato alcuni, a discapito di altri.

[Il grafico proposto dalla lettrice è piuttosto chiaro: ci sono commissioni in cui la percentuale degli ammessi è altissima e altre in cui la percentuale è molto modesta].

Come mai, Lo Piccolo non ha protestato contro la disparità subita dai colleghi che sono capitati con commissioni più severe di altre decisamente dalle maglie “larghe”, come si evince dalle statistiche ufficiali del concorso?
Allora, i vincitori “fortunati” (per così dire) non si sono lamentati della “disparità di trattamento” e i poveri candidati incappati nelle commissioni “toste” hanno accettato il declassamento senza fare storie, attendendo con pazienza il loro turno, nel rispetto delle regole concorsuali.
Si lamentano ora, però, i DS “invisibili”, perché per colpa dell’algoritmo e delle modifiche legislative sono finiti fuori regione.  Che poi, diciamolo, se c’è una cosa in questo concorso che non è mai stata modificata, è proprio la modalità di assegnazione delle sedi, brutta o bella che sia.

Ecco perché, francamente, non so proprio cosa risponde a Benedetto Lo Piccolo, il quale nel suo comunicato, a un certo punto, se ne va per la tangente, parlando di rispetto delle regole, di sacrifici, di furbetti, di orticelli, e via discorrendo.

Vorrei, a questo punto, rivolgere anch’io qualche domanda al collega vincitore, che punta il dito contro le modifiche avvenute in corso d’opera.
Come mai non si è lamentato prima del meccanismo di reclutamento, quando il Miur notificava che: “i dirigenti assunti a seguito della procedura nazionale sono tenuti alla permanenza in servizio nella regione di iniziale assegnazione per un periodo pari alla durata minima dell’incarico dirigenziale previsto dalla normativa vigente”, e quando in una nota ufficiale del 2019 la dottoressa Carmela Palumbo scriveva: “i criteri generali per il conferimento degli incarichi dirigenziali sono stati il frutto di un confronto con i sindacati, tenutosi ai sensi dell’art.5, comma 3, lett. G) del CCNL sottoscritto l’8 luglio 2019”.

E, se proprio vogliamo ragionare con la logica dei se e dei ma, perché il preside non si è lamentato quando è stato abolito il corso di formazione, previsto dal bando concorsuale? Non pensa Lo Piccolo che, se il corso-concorso si fosse svolto per intero, avrebbe portato a un rimescolamento di punteggi e posizioni, con una graduatoria finale magari molto diversa da quella attuale?

Mi permetto di invitare il collega a riformulare meglio la sua petizione, che, con tutto il rispetto, non è un grande esempio di comunicazione efficace, inanellando una serie imbarazzante di affermazioni faziose e opportuniste, oltre che poco rispettose verso i colleghi. Gli suggerisco di salvare, a limite, le ultime righe, in cui azzarda una richiesta (più o meno) passabile, che è quella di cambiare nuovamente le regole e cercare una soluzione favorevole ai DS fuori sede, che non leda, però, i diritti degli altri. Magari, nel cambiare le regole e resettare le nomine (come suggeriva qualcuno, forse provocatoriamente) perché non proporre, a questo punto, di considerare i punteggi della preselettiva, chissà perché, mai valutata, pur essendo stata una prova seria, oggettiva e strettamente inerente la materia concorsuale? Sarebbe interessante vedere come si rimescolerebbe, e non poco, la famosa graduatoria di merito (cambiare per cambiare, tanto vale mettere pure questo sul tavolo delle trattative!)

Tornando, dunque, alla domanda: “Tu da che parte stai?”, se il preside Lo Piccolo porrà la questione diversamente, facendo leva sullo spirito di corpo, anziché sulla litigiosità e sull’opportunismo,  come fa di solito chi tenta di far passare la difesa del proprio orticello per una battaglia di civiltà, allora, probabilmente, tutti i vincitori del concorso, e  non solo chi è toccato in prima persona, sarebbero dalla sua parte!

Antonella Mongiardo

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