Maggiore comprensione dei Dirigenti Scolastici verso i docenti. È questa la filosofia che deve animare il clima all’interno della scuola che appare “avvelenato” dai rapporti tra i docenti e i dirigenti scolastici, in virtù del fatto che la Legge 107/2015 ha dato ampi poteri a questi ultimi.
Sarebbe il caso di riflettere bene sul conflitto che si vive tra le mura scolastiche in cui il dirigente utilizza ope legis il suo potere per far sentire la sua autorità. Oggi il Dirigente Scolastico non è più un mediatore tra la burocrazia eccessiva e la classe docente, colui che un tempo si occupava anche della didattica, si interessava degli alunni, si preoccupava del loro andamento didattico disciplinare. Ora questa figura professionale è stata “burocratizzata”.
Il Dirigente non è altro che un “passacarte”, che rappresenta il vertice dell’Istituzione scolastica non preoccupandosi minimamente del lavoro dei docenti, ma solo che la scuola funzioni bene. Non esiste più quel senso di umanità che un tempo trasudava dai rapporti tra il Preside e il personale docente: tutto è stato inghiottito dalla legislazione sterile e fredda che, a sua volta, ha isterilito anche il rapporto tra Dirigente e docente. Quanto era bella la figura del Preside e del Direttore didattico, persone che un tempo sapevano comprendere i docenti in quanto dotati di un fortissimo senso di umanità. Oggi, purtroppo, il lato umano dell’antica figura del Preside e del Direttore (nelle scuole continuano ad essere chiamate così) si è smarrito e l’istituzione del ruolo del Dirigente Scolastico ha fatto perdere a questi ultimi il senso umano, facendo prendere il posto alla prevaricazione e all’eccessivo potere decisionale dettato dalla giurisprudenza. Una persona quando viene investita di molta autorità si sente quasi un “Dio” e guai a chi osa dire alcunché: bisogna obbedire perché l’ha detto il dirigente e si fa così.
A volte i collegi docenti, in diverse realtà scolastiche stanno perdendo il loro ruolo di essere organo decisionale, come pure del tutto fuorviante è il potere, concesso sempre dalla tanto discussa legge della “Buona Scuola”, del Dirigente Scolastico di decidere, previa valutazione del Comitato di Valutazione, a chi deve essere affidato il “bonus premiale”.
Sarebbe il caso pensare che sia solo il Comitato di Valutazione, sulla base dei criteri attribuiti dalla legge a decidere la concessione del bonus, onde creare situazioni spiacevoli. Il ruolo decisionale affidato ad una sola persona (la Storia ci insegna e ci viene in soccorso) ha portato a forme estreme di sudditanza verso il popolo. Detto questo devono essere eliminate o “addolcite” quelle parti della legge 107/2015 che creano forme di eccessivo dispotismo che nuoce alla scuola e alla comunità che in essa opera.
La vecchia e cara figura del Preside e del Direttore didattico veniva percepita da tutta la comunità scolastica come una figura “alla pari”, senza nessuna investitura di superiorità esasperata, ma soprattutto di una persona calata nei problemi reali della scuola e capace di umanizzarli e di risolverli attraverso l’incontro, la discussione e il dialogo.
Oggi, invece, con la crisi dei valori e la disumanizzazione della società del XXI secolo, la figura del Dirigente Scolastico o del Dirigente di altra pubblica amministrazione viene vista come quella di una persona che comanda. In realtà il Dirigente Scolastico deve dare l’indirizzo e promuovere un clima collaborativo e cooperativo all’interno della Scuola. Per non parlare, in ultima analisi della legge “Brunetta” (150/2009), che con l’introduzione delle sanzioni disciplinari ha posto in mano ai Dirigenti Scolastici, lo scudiscio con cui sanzionare e diremmo in maniera più cruda “bastonare” i docenti, costretti quasi a subire tutte le angherie stritolati come sono da un sistema perverso.
di Mario Bocola
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