“Dopo un 2022 decisivo e di grande concretezza per l’Aran, con la firma definitiva – dopo 140 giornate di trattativa – per il rinnovo dei quattro contratti nazionali di comparto del pubblico impiego per oltre 2,4 milioni di lavoratori (Funzioni centrali, Funzioni locali, Sanità e Istruzione), il 2023 impegnerà l’Agenzia, innanzitutto, per la conclusione della tornata contrattuale 2019-21 relativa ai quattro contratti della dirigenza che riguardano più di 160mila addetti”: sono parole di Antonio Naddeo, presidente dell’Agenzia Aran-Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni.
Ma chi sono i 160mila dirigenti di cui si parla?
E’ presto detto: 135mila sono i medici della Sanità, poco meno di 8mila i dirigenti scolastici, tutti gli altri sono i dirigenti delle funzioni centrali e degli enti locali.
Ma, al di là delle buone intenzioni dell’Aran, come stanno le cose?
Lo abbiamo chiesto a Paola Serafin, della segreteria Nazionale Cisl-Scuola, responsabile dei dirigenti scolastici del suo sindacato.
Intanto partiamo dallo stato dell’arte.
L’ultimo CCNL dei dirigenti dell’Area Istruzione e ricerca sottoscritto dalle organizzazioni sindacali è relativo al triennio 16/18. Il rinnovo del contratto nasce pertanto già vecchio, in quanto siamo ben oltre la scadenza del periodo di riferimento, relativo al triennio successivo 2019/2021.
L’apertura della trattativa è imminente?
Direi di no, visto che non è stato ancora emanato l’Atto di indirizzo e neppure all’orizzonte vediamo la soluzione dei tanti problemi che la dirigenza vive quotidianamente.
Per citarne solo alcuni, si va dalla sostituzione del dirigente scolastico durante la malattia alla riorganizzazione dell’onnicomprensività degli incarichi, dalla regolazione della mobilità interregionale a quella del lavoro agile, dalle modalità di formazione continua alla revisione delle sanzioni disciplinari.
La dilazione cronica nell’apertura delle trattative è un cattivo costume ed è deleteria per i lavoratori e per il buon funzionamento delle Istituzioni. Infatti la forza innovativa del contratto, che esigerebbe una approfondita revisione della parte normativa, è ostacolata anche dall’urgenza di corrispondere gli emolumenti dovuti e dunque di accelerare la chiusura delle trattative in risposta alle legittime aspettative dei lavoratori, così a lungo disattese.
Anche per i dirigenti scolastici c’è una questione retributiva?
Certamente: sul piano retributivo, infatti, il rinnovo del contratto dei dirigenti scolastici si incrocia con l’onda lunga di alcune modifiche che erano state introdotte nel precedente contratto e che non hanno sinora trovato applicazione perché mancavano le necessarie risorse. Mi riferisco alla definizione nazionale dei criteri per l’individuazione delle fasce di complessità delle istituzioni scolastiche ed al passaggio per la ripartizione delle risorse del FUN dai Contratti integrativi regionali al Contratto integrativo nazionale.
Si parla addirittura di un possibile decremento degli stipendi. Ma è proprio così?
Esattamente: l’operazione a cui ho accennato, se non finanziata, potrà determinare, secondo le proiezioni della stessa amministrazione, una diminuzione retributiva per un terzo dei dirigenti scolastici. A seguito di un intenso dialogo con il Ministero, alcuni fondi sono stati previsti all’art. 1 c. 558 della legge di bilancio appena approvata. Di fatto sono risorse non ancora compiutamente quantificate ed in parte, ancora una volta, una tantum. Un passo avanti certamente ma certo non sufficiente.
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