Categorie: Personale

Dirigenti scolastici omertosi? Non scambiamo dovere di riservatezza con omertà

Sempre più spesso accade che i nostri lettori ci scrivano per lamentare il comportamento “silente” (ma qualcuno usa persino l’aggettivo “omertoso”) dei dirigenti scolastici in occasione di situazioni di conflitto con le famiglie.

In concreto accade che le famiglie (e qualche volta gli stessi colleghi) chiedano al dirigente di saperne qualcosa di più sugli sviluppi di ispezioni, indagini o procedimenti disciplinari. Molti invocano il diritto di accesso agli atti e lamentano il fatto che il dirigente non sia disponibile a rendere pubblici i particolari di questa o quella vicenda.
E’ bene chiarire che è pur vero che la trasparenza è la regola numero uno nella Pubblica Amministrazione ma non bisogna dimenticare che questo dovere della P.A. non può entrare in contrasto con il diritto alla riservatezza delle persone coinvolte.
I motivi per cui un d.s. non ritenga di fornire informazioni dettagliate possono essere molteplici.
Per esempio nel caso in cui un procedimento disciplinare si intrecci con una indagine della magistratura il ds (e con lui tutte le persone che sono state ascoltate dagli investigatori) ha addirittura il dovere di non parlare con nessuno in merito ai fatti oggetto dell’indagine.
Chi scrive, nella propria attività di dirigente scolastico,  in alcune circostanze sapeva bene che l’autorità giudiziaria stava ascoltando il personale della scuola e in qualche caso sapeva anche bene chi erano le persone ascoltate, ma si è sempre astenuto da qualsivoglia contatto con loro.
Il rischio che uno “scambio di informazioni” fra il ds e altri soggetti possa essere considerato divulgazione di atti s oggetti al segreto d’ufficio (o peggio favoreggiamento o altro reato) è sempre possibile. Quindi è bene evitare.
Ma c’è un altro aspetto da non sottovalutare: le persone soggette a procedimento disciplinare hanno tutto il diritto al rispetto della riservatezza e l’eventuale divulgazione di notizie, fatta magari anche in buona fede, potrebbe essere impugnata.  E bisogna sempre ricordare che la divulgazione di dati sensibili (e i dati relativi ad un procedimento disciplinare sono certamente di questo tipo) è sanzionata dalle legge sia in sede penale sia in sede civile.
E’ comprensibile che in diversi casi le famiglie “vogliano sapere”, ma l’unica risposta corretta del dirigente dovrebbe essere sempre un fermo “Mi spiace, ci sono accertamenti in corso e quindi non posso dirvi molto. Vi assicuro però che ci stiamo occupando del problema”.
La morale è insomma molto semplice: l’esercizio di un diritto (in questo caso il comportamento trasparente della P.A.) deve sempre fare i conti con i diritti altrui (in questo caso la tutela della riservatezza) o con i doveri di altri soggetti (nel caso in questione il dovere di non divulgare notizie su cui ci sono accertamenti in corso).

 

Reginaldo Palermo

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