Su 600 scuole in Veneto, attualmente sono senza un preside titolare in 259.
Via libera, dunque, alle reggenze. Un bel risparmio per lo Stato.
E per la vita delle scuole?
A meno che qualcuno pensi che i presidi sono/siano quasi inutili, nel senso che le scuole possono andare avanti anche senza!
Chi conosce la realtà sa invece che, per qualsiasi scuola, al di là degli aspetti formali, un preside è, o dovrebbe essere, un punto di riferimento a livello non solo gestionale, ma culturale, relazionale, innovativo, di coordinamento e promozione.
Per cui, ritrovarsi nella scuola a reggenza con un preside, se va bene, solo per un’ora al giorno, non è il massimo. Sempre nella speranza che i docenti, che normalmente sono disponibili a ruoli sistemici, siano poi, con il reggente, ancora disponibili a dare una mano concreta, oltre lo specifico del loro incarico (collaboratori, capi indirizzo e dipartimento, funzioni strumentali, coordinatori di classe, responsabili di progetto, responsabile dell’orario, delle sedi o dei plessi, team digitale e della qualità, nucleo interno di valutazione, team Ptof, Rav e PdM, ecc.).
Senza questi docenti, le scuole potrebbero, infatti, chiudere da un giorno e l’altro.
Per garantire, cioè, il lavoro didattico ordinario è impensabile fare a meno di queste disponibilità, fatte di passione e di competenza, che il “fondo di istituto” nemmeno alla lontana è in grado di riconoscere. Provare per credere.
In molti non ci credono, poi, che i presidi reggenti, volenti o nolenti incaricati e costretti ad assumere questo doppio ruolo, fanno tutto questo quasi gratis: sulle 350 euro netti al mese.
Altro che professionalità!
Quanto risparmia lo Stato?
Se gli stipendi, sempre al netto, dei presidi variano, a seconda delle fasce, dai 2300 ai 2700, è facile fare un semplice conto.
Altro che preside sceriffo che guadagna cifre da capogiro!
Sempre in Veneto, i docenti iscritti al concorso per dirigenti erano in tutto 1904, cifra ben lontana dagli oltre 6000 della Campania e dei quasi 5000 della Sicilia.
Poco meno di 600 non si sono presentati alla prova preselettiva dello scorso 23 luglio, per cui alla fine ha superato il test il 38%, cioè 517.
Un test, a dire tutta la verità, tutto mnemonico, che è ben lontano dalla vita reale dei presidi e delle scuole. Follia tutta italiana.
Ora ci sono le prove del concorso vere e proprie. Quanti di questi 517 le supereranno?
Tutto questo per dire che siamo di fronte ad una emergenza che ci ritroveremo anche il prossimo anno, ammesso che il concorso venga completato entro agosto 2019. Per un solo motivo: per l’età media degli attuali presidi, tutti o quasi sui 60 anni.
Per uscire dal rebus, provo a fare tre proposte:
reintrodurre l’incarico di presidenza, senza consentire più, come in casi precedenti, che questo comporti una sorta di diritto ad un concorso-sanatoria, un vero vulnus rispetto ai concorsi ordinari,
Regionalizzare i concorsi per i presidi, come nel Trentino,
Reintrodurre la distinzione tra dirigenza degli istituti comprensivi e quella delle scuole superiori, viste le tante situazioni (ma le eccezioni ce ne sono) di criticità emerse negli ultimi anni: per il passaggio da un ordine all’altro vi dovrebbe essere una “nota di merito” del direttore regionale.
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