Diritto d’assemblea durante le lezioni: i Cobas tornano all’attacco
Appurato che lo sciopero della fame non riscuoteva gli interessi dei media e dell’opinione pubblica sono passati ad una forma di protesta più eclatante: per rivendicare la possibilità di riunirsi in assemblea durante le ore di servizio, al pari dei sindacati più rappresentativi, il 4 giugno due esponenti dei Cobas della scuola si sono incatenati alla cancellata esterna di palazzo Chigi; uno dei due sindacalisti si è incatenato all’inferriata di una delle finestre del piano terra della sede del governo, l’altro alla ringhiera che protegge proprio l’accesso alle finestre su piazza Colonna. Ancora una volta i Cobas puntano il dito contro la norma che riserva il diritto di organizzare assemblee in orario scolastico (10 ore l’anno) solo ai sindacati più rappresentativi (cioè a quelli che tra iscritti e voti ottenuti attraverso le Rsu possono vantare una media nazionale al di sopra del 5%).
In effetti, a loro, come a tutti i sindacati con meno adesioni, le scuole concederebbero i locali: ma solo ad attività didattiche concluse, con il conseguente numero di presenti fortemente ridotto. Il problema è proprio questo: nel mondo della scuola, più che in altri settori, l’interesse per i temi sindacali si riduce tantissimo quando richiesto in orari pomeridiani o serali. Per scardinare quello che definiscono un vero e proprio ‘monopolio’, nei mesi scorsi i Cobas si sono rivolti anche alla Corte di Strasburgo, la quale ha però rigettato il ricorso per incompetenza. Ora l’appello al governo italiano: ” Avevamo chiesto un incontro con il premier Romano Prodi, che a sua volta aveva promesso di interessarsi della questione e di incontrarci. Visto che non ci ha convocati, siamo venuti noi”, ha detto il portavoce e leader storico Piero Bernocchi. Con lui, davanti a palazzo Chigi, stazionano decine di esponenti del sindacato esponendo cartelli che rivendicano “il diritto di parola e di organizzazione nei luoghi di lavoro”, e chiedendo “il diritto di libertà sindacale in Italia”. Massimo Montella, dell’esecutivo Cobas, ricorda che quello che “i presidi e i dirigenti scolastici ci negano, cioè il diritto di indire assemblee nei luoghi di lavoro, è un diritto sancito dall’articolo 20 dello Statuto dei lavoratori”. Tra i sindacalisti manifestanti c’è anche Nicola Giua , che nei giorni scorsi ha subito un mancamento a seguito dello sciopero della fame intrapreso da quasi 50 giorni davanti alla sede nazionale dell’Unione in piazza SS Apostoli a Roma.
“Le nostre elementari richieste di regole democratiche richiederebbero il varo di una legge che il governo Prodi non appare intenzionato a promuovere – conclude Bernocchi – e per questo esigiamo almeno i diritti minimi di libertà di assemblea e di iscrizione che non costano nulla al bilancio statale e non richiedono particolari procedure giuridiche”. Tra i firmatari sostenitori dello sciopero della fame figurano diversi esponenti politici e sindacali, tra cui Gianni Pagliarini e Augusto Rocchi (entrambi Prc), rispettivamente presidente e capogruppo della Commissione Lavoro della Camera. Una forma di protesta analoga fu intrapresa lo scorso ottobre davanti al ministero della Pubblica Istruzione: in anche in quell’occasione lo sciopero della fame, condotto da tre rappresentanti dei comitati di base all’interno di un camper, durò alcune settimane e servì, oltre che per rivendicare il diritto di riunirsi in assemblea anche durante le ore di servizio, ad allargare la rosa di candidati e fare campagna elettorale in vista delle elezioni delle imminenti elezioni delle Rsu della scuola. La protesta però non portò i risultati sperati, sia per i non esaltanti risultati nelle elezioni Rsu che per il nulla di fatto sul fronte delle assemblee. Ora i Cobas ci riprovano.