Si fa un gran parlare di inclusione scolastica, di cultura dell’inclusione, di integrazione ma proprio a scuola si consuma ogni anno il peggiore dei delitti contro il diritto allo studio dei ragazzi e delle ragazze con disabilità.
Come previsto dalla legge 104/92, gli Uffici Scolastici Provinciali, raccolgono le richieste di ore di personale docente specializzato di ogni singolo GLHO (Gruppo di Lavoro Operativo sull’Handicap, composto da un neuropsichiatra, dal genitore dell’alunno, dal docente di sostegno, dal coordinatore di classe e da una figura assitenziale). Il contenuto del verbale del GLHO e del Piano Educativo Individualizzato, passa dall’Ufficio Scolastico Provinciale a quello Regionale e quindi al MIUR, come richieste già valide ed efficaci a tutti gli effetti.
Ne dovrebbe discendere un automatico riconoscimento da parte del MIUR della copertura di spesa necessaria a dare incarico agli insegnanti specializzati per inviarli nelle scuole dove era pervenuta la richiesta, considerato che il diritto allo studio è un diritto costituzionalmente garantito come ribadito in due sentenze della Corte Costituzionale n, 80/2010 e del 2017 e dove si afferma che esso non puà essere soggetto alle condizioni della finanza pubblica: “Non è legittimo lasciare alla discrezionalità politica dei bilanci la esigibilità o meno del diritto allo studio degli alunni con disabilità”. “Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.”
Ecco il meccanismo: in barba a tutte le normative esistenti, sistematicamente ogni anno l’USP su indicazioni di circolari interne, riconosce solo 9 ore agli alunni gravi, anzicchè 18 e solo 4,5 ore ad ognuno dei 6 alunni senza gravità. Lo stesso criterio vale alla primaria e alle medie. Senza alcuna ragione o senza alcuna giustificazione. Di fatto si dimezza la pianta organica necessaria decisa dai GLHO. Ne consegue che quando le singole scuole devono organizzare le attività didattiche e le assegnazioni degli insegnanti specializzati ai singoli alunni, iniziano già in partenza con una insufficiente dotazione di personale a tempo indeterminato e di titolari (detto anche di organico di diritto), in genere del 60% rispetto al necessario. Qui inizia il calvario per le famiglie e per gli alunni con disabilità e indirettamente le famiglie sono costrette a rivolgersi ai giudici.
In tutta Italia ci sono più di 60.000 posti in deroga, su un totale di 160.000 posti di sostegno necessari, che sono frutto soprattutto dei ricorsi promossi dai genitori degli alunni con disabilità tendenti a fare riconoscere il numero di ore di sostegno previste ed inserite nei Piani Educativi Individualizzati redatti in sede di GLHO.
Quale sia la ragione di questo automatismo al ribasso non è dato saperlo e certo non può essere in nessun modo giustificato dalle esigenze di diminuire la spesa pubblica a danno dei più deboli.
Questo automatismo di negazione del diritto degli alunni con disabilità, ha costretto in questi 11 anni le famiglie di tutta Italia a ricorrere ai Tribunali, che nel 100% dei casi ha condannato il MIUR alle spese legali e agli indennizzi da riconoscere alle famiglie per il torto subito. Un danno erariale che si calcola in almeno 1 miliardo di euro frutto di decine di migliaia di ricorsi in tutta Italia, evitabili solo applicando la normativa vigente. Senza considerare il danno della congestione della macchina amministrativa dei Tribunali, inondati da ricorsi sempre dello stesso tipo e sempre con la stessa conclusione e dell’aggravio di lavoro degli Uffici Scolastici Provinciali che ogni anno devono stilare graduatorie per regolare i trasferimenti e le assegnazioni provvisorie dei docenti di ruolo, ma mal distribuiti sul territorio nazionale e le stipule dei contratti a tempo determinato dei supplenti.
A parte il danno erariale, per il quale è stato presentato da ODS affiliata alla FIRST esposto, prima alla Corte dei Conti di Palermo e molto presto anche alla Corte dei Conti di Roma, questa gestione dei posti in deroga sul sostegno è all’origine del balletto continuo degli insegnanti di ruolo e degli insegnanti precari.
Invece di porre rimedio a questa mostruosità, si è legiferato per cronicizzare il precariato e la discontinuità didattica. Ad aggravare la situazione, infatti, il DLGS 66 del 2017, in particolare toglierà al GLHO, cioè all’unico organo che conosce l’effettiva storia dell’alunno/a, dove si parlano i docenti di sostegno, il consiglio di classe, gli operatori, i sanitari e soprattutto le famiglie al momento di redazione del PEI, il POTERE DI INDICARE LE ORE DI SOSTEGNO.
Il disegno perverso della 66/2017 si completa con la stesura dell’art. 14 pensato per rendere effettiva la continuità e che invece tende a rendere legittima la cronicità del ricorso ai supplenti, affermando finanche la possibilità di riconfermare il docente precario non specializzato del precedente anno scolastico, invece di trasformare in organico di diritto l’organico dei posti in deroga frutto della decretazione d’urgenza degli Uffici Scolastici Regionali.
Allora ecco i passaggi da pretendere nel più breve tempo possibile:
Nello specifico queste le ragioni per protestare contro:
A normativa vigente, grazie all’art. 10 comma 5 del D.L. 2010 n. 78, conv. in legge 2010 n. 122, (normativa introdotta dopo l’intervento della Corte Cost. sentenza n. 80 del 2010), il gruppo pluridisciplinare di cui all’art. 12, comma 4 legge 1992, n. 104 (GLHO), in sede di formulazione del PEI elabora proposte relative all’individuazione delle risorse necessarie, ivi compresa l’indicazione del numero delle ore di sostegno, che devono essere esclusivamente finalizzate all’educazione e all’istruzione dell’alunno con disabilità.
Allo stato attuale i gruppi di lavoro multidisciplinari finalizzati all’ integrazione e inclusione degli alunni sono quelli previsti dall’art. 12 comma 5 e dal DPR 1994 n. 381800, cioè i gruppi di lavoro che redigono il PEI e il PDF (GLH). Solo infatti nella redazione di questi atti si realizza quel momento fondamentale pluridisciplinare dove saperi, conoscenze ed esperienze diverse si incontrano, con la partecipazione della famiglia, per redigere e predisporre atti relativi all’ alunno/a che “si conosce bene”.
Come è noto, sulla scorta di tale disposizione, ancora in essere, sono fiorite nel nostro Paese tutta una serie di prassi che vedono il gruppo sopra descritto indicare nell’ambito del PEI o negli altri atti propedeutici, non solo l’individuazione delle risorse e dei sostegni necessari, ma soprattutto la quantificazione o se vogliano l’indicazione specifica delle ore di sostegno necessarie per realizzare compiutamente il diritto all’istruzione e all’educazione dell’alunno con disabilità.
Tale modalità operativa, imposta da una norma di legge, garantisce la certezza del diritto e la soggettività e allineamento dello stesso ai reali bisogni educativi e didattici dell’alunno/a. Certezza del diritto e soggettività che invece scompare del tutto nel testo del Dlgs 66 del 2017, atteso che l’art. 18 comma 1 lettera a) prevede l’abrogazione del terzo e del quinto periodo del comma 5 dell’art. 10 Dl. 2010 n. 78, conv. in legge 2010 n. 122, senza che un altrettanto specifico potere venga attribuito ad altri organi.
Il nuovo art. 5 comma 2 lettera b) della 66/2017 mira a sostituire l’attuale articolo 12 comma 5 della legge 104, introducendo “il profilo di funzionamento” quale strumento che accorpa in un unico atto “la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale”.
L’art. 5 comma comma 3 dlgs 66 del 2017 definisce in modo chiaro che la redazione dell’atto “profilo di funzionamento” determinante sotto il profilo del diritto all’istruzione, allo studio e all’inclusione scolastica, per il frutto del combinato disposto dell’espulsione della componente docenti specializzata, nonché ruolo subordinato a mera partecipazione della medesima componente scolastica, è di fatto attribuito prevalentemente solo alla componente sanitaria (lettera c)
Ma alla commissione che redige il profilo di funzionamento la norma attribuisce solo il potere di “definire le competenze professionali e la tipologia di sostegno e delle risorse strutturali”, esattamente quello che ancora oggi viene fatto nella prassi ad opera della componente sanitaria che redige la DF o della componente pluridisciplinare in caso di accorpamento della DF con il PDF. Ma un conto è definire la necessità di una figura professionale e la tipologia, altra è definirne l’esatta indicazione del numero delle ore soprattutto del docente di sostegno (aspetto quantitativo non indifferente).
Si tratta di una questione rilevantissima non solo sotto il profilo concreto dell’effettiva garanzia del diritto allo studio, all’istruzione e all’inclusione scolastica, ma soprattutto sotto il versante giuridico della certezza del diritto e dell’impugnabilità degli atti che negano quel diritto. L’assenza di una disposizione normativa specifica si traduce in un’ evidente illegittimità costituzionale del testo, perché ciò determina un travalicamento palese dell’oggetto della delega che non ha neppure previsto una ipotesi di tale genere, né può ritenersi il potere delegante estensivo dal potere delegato fino al punto di ledere irrimediabilmente i diritti costituzionali degli alunni con disabilità.
La richiesta è quindi quella di mantenere il terzo e il quinto periodo del comma 5 dell’art. 10 del D.L. 2010 n. 78, conv. in legge 2010 n. 122, da cui discende l’attribuzione al gruppo pluridisciplinare definito all’art. 12, comma 4 legge 1992, n. 104, tale da rendere chiara l’attribuzione al GLHO della redazione del PEI e del PDF dell’alunno con disabilità con l’esatta attribuzione delle ore di sostegno e delle ore di assistenza specialistica.
Inoltre la 66/2017 intende perseguire attraverso l’art. 14 una continuità didattica di facciata attraverso personale precario anche senza titolo di specializzazione su posti di sostegno, a discrezione del dirigente scolastico e della famiglia senza alcun parametro meritocratico e con criteri del tutto arbitrari.
Fare discendere l’attribuzione di incarichi di insegnamento del sostegno a tempo determinato è in primo luogo in linea con la chiamata diretta appena bocciata dal Ministro Bussetti e oggetto di migliaia di manifestazioni di protesta da parte della categoria degli insegnanti ed in contrasto con l’impianto normativo che regolamenta la chiamata dei supplenti che attendono in graduatoria, secondo una successione che discende da un punteggio acquisito in anni di lavoro precario e di studio. Cancellare tutto questo attraverso una scelta del dirigente e su richiesta del genitore, significa mercificare il ruolo dell’insegnante e aprire una nuova stagione della scuola pubblica italiana, dove addirittura l’insegnante verrebbe scelto, del resto, come previsto dall’articolo 1, comma 131, della citata legge n. 107 del 2015, solo per non più di tre anni.
Nella stessa norma stabilita per affermare la continuità didattica, si legge anche che dopo tre anni di incarico, il supplente, sebbene privo di specializzazione, non potrà più ricevere ulteriori incarichi!
Questione molto importante e che nessuno ha mai sollevato, nonostante un vago richiamo alla precedenza contenuto al comma 3 dell’art.14, quando si riporta : “ferma restando la disponibilità dei posti e le operazioni relative al personale a tempo indeterminato”, ci si dimentica totalmente della priorità dell’insegnante di ruolo, costretto a dover chiedere assegnazione provvisoria annualmente, ma a cui non viene minimamente riservata la possibilità di poter rimanere per continuità didattica sullo stesso alunno degli anni precedenti, come e peggio dei precari, costretti ad inseguire una stabilizzazione non più della tipologia del contratto, bensì della propria professione e vita, essendo stati costretti da un algoritmo impazzito e dissennato ad essere titolare sulla carta al nord per poi essere assegnato puntualmente quasi sempre nella propria provincia, ma in una scuola a caso e non permettere in alcune province, il rientro di personale specializzato fuori sede recante richiesta di mobilità annuale.
Anche per gli alunni seguiti da questi insegnanti dovrebbe essere possibile la continuità didattica, che nella norma del d.lgs. viene però totalmente dimenticato. Anzi, quest’ultimo rischia addirittura di non ottenere neanche l’assegnazione provvisoria per via del richiamato articolo 461 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 citato nel comma 4 dell’articolo 14 dl 66/2017:
“Non si dà luogo a spostamenti di personale dopo il ventesimo giorno dall’inizio dell’anno scolastico, anche se riguardano movimenti limitati all’anno scolastico medesimo e anche se concernenti personale delle dotazioni organiche aggiuntive”.
PARTECIPA CONTRO l’abrogazione del terzo e del quinto periodo del comma 5 dell’art. 10 Dl. 2010 n. 78, conv. in legge 2010 n. 122, come previsto dall’art. 18 comma 1 lettera a) Dlgs 66 del 2017, perché così facendo vogliono togliere la quantificazione delle ore di sostegno nel PEI dai compiti del GLHO, al solo scopo di non soccombere più nei ricorsi promossi dai genitori:
PARTECIPA CONTRO l’art. 14 della 66/2017 che intende perseguire una continuità didattica di facciata attraverso personale precario anche senza titolo di specializzazione su posti di sostegno, a discrezione del dirigente scolastico e con criteri del tutto arbitrari.
PARTTECIPA A FAVORE della totale trasformazione dei posti in deroga in organico di diritto per realizzare una effettiva continuità didattica con personale specializzato.
Nei prossimi giorni indiremo una giornata di protesta nazionale.
Non siano più i genitori a dover pagare avvocati per vedersi riconosciuto il diritto dei propri figli ad usufruire di un fabbisogno orario di sostegno adeguato ai loro bisogni, ma lo Stato sia garante dei diritti dei bambini ad un’istruzione di qualità e ad una scuola realmente inclusiva su tutto il territorio nazionale.
Seguite la petizione lanciata dai genitori che ha già raccolto più di 45.000 firme cliccando su GIU’ LE MANI DAL GLHO
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