Non è la pandemia, né il conseguente lockdown ad avere accentuato i tentativi di suicidio e i pensieri autolesionistici tra gli adolescenti italiani, ma il rientro a scuola, in classe.
È questa la notizia, un po’ scioccante a dire il vero, riportata dal quotidiano ‘Avvenire’ che si chiede quanto pesi il fattore scuola sul disagio mentale che attanaglia molti ragazzi e ragazze in giovanissima età.
I dati forniti da Avvenire sono i risultati di una Ricerca pubblicata sul Journal of the American Medical Association e firmata da una trentina di medici e docenti in diverse università italiane. Lo studio presentato dalla rivista scientifica di Chicago segnala infatti che nella fascia adolescenziale i casi di suicidio tentato o ideato non sono aumentati nel contesto dell’isolamento del lockdown e della didattica a distanza, bensì con la riapertura delle scuole e il ritorno sui banchi di scuola.
Nel periodo tra il 2018 e il 2021, i medici hanno analizzato oltre tredicimila accessi degli adolescenti ai pronto soccorso di 9 ospedali universitari italiani, dal Nord al Sud e hanno constatato che le richieste di intervento per emergenze psichiatriche acute e, in particolare, per tentativi di suicidio e pensieri autolesionisti, aumentavano del 18% quando i ragazzi frequentavano le lezioni in presenza rispetto a quando le lezioni erano sospese o online, in Didattica a distanza.
L’ansia da prestazione – continua Avvenire – era attenuata dalla Dad. Si tratta pur sempre di ipotesi, ma per i medici il problema risiede nella performance, da sostenere sia a livello didattico sia nel rientro del contesto tra pari. Non necessariamente la scuola a distanza era più facile ma sicuramente c’erano meno pressioni, senza interrogazioni davanti ai compagni e con compiti più individualizzati. In questo senso le lezioni a distanza, eliminando la tensione fisica della presenza nella classe reale, potrebbe avere tolto la fonte di stress e favorito una serenità più facile da trovare in una classe virtuale.
Finita la pandemia – continuano i medici intervistati da Avvenire – molte scuole sono tornate alla vecchia routine ripuntando tutto sulle prestazioni individuali. Per evitare che gli alunni si blocchino per paura di sbagliare, occorrerebbe chiarire che l’errore è un momento di crescita.
Nessuno, tuttavia, punta il dito contro la scuola. Secondo gli psicologici sentiti dal quotidiano milanese, è normale che la scuola sia un po’ stressante. Il problema è più ampio e coinvolge l’intera società: a noi stessi e ai ragazzi – sostiene Maura Foresti, psicologa, psicoterapeuta e membro della Società psicoanalitica italiana – ripetiamo “se vuoi, puoi”, ponendo così l’accento sulla produttività e instillando un eccesso di positività che non contempla mai il limite, la frustrazione o la sofferenza. La vita, però, non è così, bisogna confrontarsi con delusioni e fragilità. È importante dire ai ragazzi che il dolore è parte dell’esistenza e insegnare, anche attraverso la didattica, che crescere è fatica.