Disoccupazione, Fornero punta a ridurre i tempi tra scuola e lavoro
L’alto tasso di disoccupazione, che in Italia a livello giovanile nel mese di maggio ha toccato livelli record, per la prima volta superiore al 36 per cento, si combatte anche e soprattutto riducendo le transizioni fra scuola e lavoro. Oltre che i tempi “morti” che si vengono a creare tra la perdita di un impiego e la possibilità concreta che si viene a determinare prima di trovarne un altro. A sostenere la necessità di intervenire a livello di Governo in queste due direzioni è il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, intervenuto con un videomessaggio al convegno Ebav di Mestre, in provincia di Venezia: secondo il Ministro la strategia che porta al sostegno dei giovani che hanno terminato gli studi a trovare un impiego, abbinata anche alla transizione fra chi aveva un posto di lavoro e ne sta cercando un altro, sono degli obiettivi primari contenuti nella riforma del mercato del lavoro approvata in questi giorni. Pur senza esplicitarlo, il Ministro ha fatto riferimento alla necessità di formare per bene i lavoratori. Prevedendo per quelli in stato di inattività lavorativa di potersi specializzare ulteriormente o ricollocare in altri contesti lavorativi. Quasi sempre affini. “Questo tempo di disoccupazione – ha detto il ministro Fornero – non può essere protratto più di tanto, perché questo vuol dire deterioramento del capitale umano del lavoratore e perdita di produttività”. Per il responsabile del dicastero del Lavoro è quindi necessario “ridurre queste transizioni a livello dei paesi europei che possono rappresentare per noi un punto di confronto è un obiettivo importante. Gli strumenti che abbiamo utilizzato per cercare di realizzare un mercato di lavoro inclusivo e dinamico- ha concluso il Ministro – sono le riforme alle varie forme contrattuali, incluso il contratto subordinato a tempo indeterminato, che deve restare l’attrattore principale in tema di contratti“. Un contratto, però, quello a tempo indeterminato, che le aziende fanno sempre con meno frequenza. E che, in ogni caso, non implica più quelle garanzie che sino a qualche anno fa lo legavano alla sicura possibilità di realizzazione personale e familiare.