“Per contrastare la dispersione scolastica c’è bisogno di capire la situazione dei ragazzi con i servizi sociali del comune, oppure di coordinarsi con il tribunale per i minori, di sostenere le genitorialità fragili. Chi lo fa? Gli insegnanti? E se l’alunno parla un’altra lingua e tu scuola per quanto hai fatto lo hai perso di vista? Ci sono educatori che hanno queste competenze, diverse da quelle di un insegnante, che devono essere giocate in sinergia con quelle dell’insegnante. Si deve tenere la scuola aperta, stare gomito a gomito con i ragazzini, dare un orizzonte di motivazione nuovo, rendere possibile un’alleanza con una figura adulta. Sono risposte che abbiamo già dato, non è possibile ignorare questa storia e fare ogni volta da zero”.
È quanto sostiene Marco Rossi-Doria in un articolo pubblicato da Vita.it, riferendosi ai fondi del Pnrr (1,5 miliardi di euro complessivi di cui al Mezzogiorno vanno il 51,16% dei soldi, con la Campania in testa con 79,3 milioni di euro) per contrastare la dispersione scolastica che nel Sud appunto raggiunge picchi preoccupanti.
Il timore è quello di replicare la solita cornice, entro cui le scuole faranno ciò che hanno sempre fatto, senza quindi produrre cambiamenti e senza ridurre i divari.
Infatti, per Marco Rossi-Doria il Ministero non indica “come fare i partenariati, vi è solo una indicazione generica, così che le scuole rischiano di comportarsi come con un PON, senza fare un partenariato a monte. Ci doveva essere un vincolo a costituire la comunità educante per poter utilizzare quei soldi” e inoltre non viene definito “il chi, il cosa e il come usare le risorse”.
Non è troppo tardi: “Il Ministero potrebbe emanare una circolare alle scuole in cui si entra nel dettaglio, dicendo che ora le scuole mettano attorno a un tavolo le risorse educative del territorio e facciano un progetto comune. Abbiamo davanti tre anni scolastici e una bella quantità di risorse, si possono fare cose interessanti, si può fare la differenza. Però dobbiamo evitare la presunzione di voler inventare ogni volta la ricetta da zero”.
Perché quella delle comunità educanti non è un “pallino” di alcuni: “È la letteratura mondiale accreditata che ce lo dice da anni, queste sono risposte che abbiamo dato trent’anni fa, non è qualcosa che caratterizza i 420 progetti di Con i Bambini ma è qualcosa che c’è nella storia della scuola italiana, basta solo volerlo vedere”.
“Il punto, gira e rigira, è sempre quello: la scuola è un attore fondamentale ma non può continuare a pretendere di essere l’unico, pensando di avere in sé tutte le competenze necessarie per educare”.