La distribuzione dei fondi del PNRR per il contrasto alla dispersione scolastica non trova tutti d’accordo: sono in discussione, infatti, i criteri stessi ai quali il Ministero stesso ha fatto riferimento per definire le somme da assegnare alle singole scuole.
Uno dei criteri prevalenti riguarda la cosiddetta “dispersione implicita”: più è alta e maggiore è il finanziamento erogato.
In estrema sintesi la dispersione implicita “misura” la percentuale di ragazzi che, pur non abbandonando gli studi, concludono il percorso con forti carenze di base; secondo l’Invalsi riguarderebbe poco meno del 10% degli studenti italiani (ma nelle regioni meridionali il deficit toccherebbe il 15% degli alunni, con una punta del 22% in Calabria).
Ma non tutti sono d’accordo con questa lettura.
Osserva per esempio Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc-Cgil: “Dalla lettura del Rapporto Invalsi restano confermate le nostre perplessità sulla definizione di dispersione implicita, cioè quel sistema di certificazione delle conoscenze che mette in discussione la valutazione individuale degli alunni di cui sono responsabili soltanto i docenti del consiglio di classe e del collegio docenti”.
“La FLC CGIL – si legge nel comunicato – rifiuta l’idea che l’Invalsi certifichi le competenze dei singoli alunni, perché non rientra nelle sue competenze e soprattutto invade il campo della valutazione dei docenti, attività didattica molto più complessa di una semplice rilevazione estemporanea, generando confusione fra genitori e non addetti ai lavori. Peraltro la stessa idea che un ritardo negli apprendimenti sia equiparabile alla dispersione vera ha già fatto un grande danno nella distribuzione delle risorse del PNRR”.
Ma sentiamo dalla viva voce del presidente dell’Invalsi Roberto Ricci cosa si intenda esattamente per dispersione implicita e perchè si tratti di un parametro importante per valutare la qualità complessiva del sistema scolastico.
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