“NON LASCIARE INDIETRO NESSUNO”. Questo è il solenne impegno dei Ministri dell’Istruzione del G20 riunitosi a Catania lo scorso 25 giugno per discutere delle nuove povertà sociali, culturali, educative acuite, anche, dalla pandemia.
È un impegno, ribadito kantianamente come un imperativo categorico, che fa onore alle Istituzioni dei 20 Paesi più importanti al mondo e ripercorre e riprende lo slogan clintoniano “Nobody left behind”, con il quale gli Stati Uniti d’America fecero importanti investimenti sulla scuola e sugli insegnanti per aiutare le fasce sociali più deboli a migliorare le loro performance formative.
Questo obiettivo fa seguito all’interessante proposta della Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, che a Firenze lo scorso mese ha proposto, ricordando Don Milani, di modificare il motto dell’Unione Europea da “Uniti nella diversità”, in “I Care”, principio fondante della Scuola di Barbiana, accogliente, premurosa, innovativa, efficace e capace di valorizzare i tanti ragazzi abbandonati o dispersi dalla scuola formale e che adesso sarebbero stati dichiarati tutti con Bisogni educativi speciali.
Forse dovremmo meglio studiare e di più quell’esperienza formativa, quell’impostazione anche didattica che si premurava di dare un ruolo, uno scopo, una finalità, un obiettivo a quei ragazzi che hanno trovato nella loro strada un “maestro di strada”, come definiremmo adesso Don Milani, che ha dato loro prima dignità e poi saperi funzionali.
C’è da augurarsi che presto al centro della bandiera dell’Europa si possa leggere “I care”, come indicazione di marcia di un’Europa dei cittadini.
La proposta fa onore alla Presidente e alla Commissione Europea che presiede e fa piacere scoprire, che dopo anni di sole politiche finanziarie di austerità, l’Europa ha saputo rispondere con efficacia e solidarietà alle vicende della pandemia e fa ben sperare sul ruolo che un’Istituzione importante come l’Europa può giocare sullo scacchiere internazionale per politiche di pace e di sviluppo sostenibile. Anche un campionato di calcio europeo distribuito su undici Paesi sta facendo cogliere come “il plurale sia bello e meglio del singolare”.
I Ministri dell’Istruzione del G20 hanno ribadito la necessità di intraprendere, nei loro rispettivi Paesi, politiche di prevenzione dall’esclusione sociale e culturale con azioni mirate rivolte ai bisogni degli studenti che hanno lasciato la scuola o subìto significative perdite di apprendimento dando loro opportunità di ulteriori occasioni di ripartenza.
Questi obiettivi ed impegni sono stati assunti nella convinzione che assicurare pari opportunità di accesso all’istruzione, lungo il corso della vita, sia necessario, in quanto l’Istruzione è uno dei capisaldi della crescita sostenibile.
È doveroso anche un ringraziamento al Ministro dell’Istruzione Bianchi che ha voluto, in qualità di Presidente del G20, porre all’attenzione di questo summit internazionale la tematica della dispersione e dell’abbandono che colpisce tanti giovani del nostro Paese.
La Commissione Europea nella “Relazione di monitoraggio del settore dell’Istruzione e della formazione” pubblicata il 12 novembre del 2020 ha evidenziato come circa il 20% degli alunni di 15 anni in tutta Europa rischiano ancora di ricevere un’istruzione insufficiente, restando privi di competenze di base per quanto riguarda l’alfabetizzazione e la matematica o di una conoscenza sufficiente degli argomenti scientifici.
E recentemente anche in Italia il Ministero dell’Istruzione ha comunicato come 34 mila ragazzi, nel triennio 2017-2020, abbiano lasciato la scuola dell’obbligo durante la frequenza della scuola secondaria di primo grado.
Il benchmark stabilito con il documento “Education Training 2020″ dall’Unione Europea di abbandoni al di sotto del 10% ancora non è stato raggiunto dall’Italia ferma ancora al 13,5 rispetto alla media europea del 10.2.
Dati che, se vengono scorporati, fanno cogliere le problematicità specifiche, sociali e culturali, della nostra penisola: il nord-est si presenta con un 9,6 ma il Sud annaspa sul 16,7 e i ragazzi hanno più probabilità delle ragazze di abbandonare la scuola prima del tempo (il 15,4% contro l’11,3).
L’augurio è che il P.N.R.R. (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) possa
definitivamente dare adeguati input per superare l’annosa “questione meridionale” dell’istruzione.
Questi dati, non possiamo nasconderci, rappresentano una sconfitta per le scuole, che soprattutto al Sud sono sole e abbandonate ai loro problemi, e per le istituzioni pubbliche tutte.
Quale contributo le scuole possono dare per riqualificare il loro ruolo ed essere players positivi e risolutivi? Forse Don Milani potrebbe venirci incontro con la sua passione, con la sua determinazione, con il suo ottimismo, con la sua convinzione che l’umanità si presenta in ognuno di noi con le sue diversità, con le sue differenze e tutte insieme contribuiscono alla crescita sociale, culturale delle nuove generazioni e della nostra Comunità. E se scrivessimo sulle home page dei nostri fantastici siti web delle nostre scuole “I care”?
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