Nel paese balcanico bagnato dal Mar Nero centinaia di migliaia di giovani sono senza impiego, a conferma che, come numerose realtà dell’Europa Meridionale, numerosi paesi dell’area non sono concepiti per i giovani e la relativa integrazione nel mondo del lavoro. La media di disoccupazione giovanile si attesta terribilmente, come denunciato da numerosi reports emessi da Eurostat ed Eurydice, si attesta al 22,9 % secondo i dati più recenti. Responsabile la povertà diffusa che genera malcontento, dispersione scolastica, sistema educativo inadeguato ed obsoleto, limitati investimenti per la creazione di un mercato del lavoro contiguo e funzionale. Tra le cause della disoccupazione giovanile troviamo anche i bassi salari. Secondo un sondaggio condotto a gennaio dalla più grande piattaforma di reclutamento online, eJobs, i giovani di età compresa tra i 18 ei 25 anni ritengono che lo stipendio corretto per loro dovrebbe essere compreso tra 3.000 e 7.000 lei (600-1.400 euro). Per la stragrande maggioranza dei partecipanti a quest’ultimo (86,2%), la retribuzione è in realtà il fattore più importante per accettare un’offerta di lavoro.
Dal 2011, quando la Romania ha provveduto a rettificare le attuali norme integrative sull’istruzione pubblica e la relativa obbligatorietà, circa 450.000 ragazzi hanno abbandonato gli studi già prima delle scuole medie. Le difficoltà delle autorità rumene sono risultate evidenti per almeno un decennio: nessun esecutivo ha preso provvedimenti per abbassare la soglia dispersiva sotto il 10 % (almeno sino al 2020). Più del 15% dei giovani in Romania non ha la terza media. In altre parole, su una classe di 25 ragazzi, almeno 4 di loro hanno lasciato definitivamente gli studi. In questo contesto vanno inseriti anche i dati sui NEET, giovani tra i 15 ei 19 anni che non studiano e non lavorano, secondo gli standard statistici europei. Secondo gli ultimi dati Eurostat, la media attuale UE dei giovani che non studiano e non lavorano è del 6,8% tra i 15 e i 19 anni: in Italia è del 13,2% – la peggiore in Europa – seguita a ruota dalla Romania al secondo posto con 12,1% e Malta con il 10,0%. L’abbandono scolastico ha impatti negativi circa le possibilità concrete di trovare un impiego ben retribuito e qualificato. Oltre a ciò figurano problemi di microcriminalità diffusa, crisi sociale in alcune aree del paese e difficoltà integrative serie. L’Osservatorio Balcani e Caucaso conferma che la Romania è tra i primi tre paesi dell’UE a perdere la propria popolazione in età lavorativa: le cause includono il basso tasso di natalità, l’invecchiamento della popolazione e, ultimo ma non meno importante, la migrazione all’estero dove il lavoro è meglio retribuito (vale anche per impieghi non qualificati).
Presso il Palazzo dei Gruppi parlamentari, in data odierna, avrà luogo un incontro dedicato alla promozione di una “costituente della scuola”, proposta avanzata dal movimento politico per l’Unità assieme alla rivista Città Nuova. Vi prenderanno parte non solo esponenti politici dei partiti di maggioranza, quali Paola Frassinetti, sottosegretaria Ministero dell’Istruzione e del merito e responsabile nazionale Scuola di Fratelli d’Italia, ma anche associazioni di studenti e rappresentanti professionali, come segnalato dall’apposito articolo de La Tecnica (https://www.tecnicadellascuola.it/pnrr-e-dispersione-scolastica-tavolo-parlamentare-promosso-da-mppu-giovedi-23-marzo-presenti-frassinetti-e-manzi). Il caso pugliese fa discutere: a sei giorni fa, il tasso di dispersione locale rimane elevato e sopra la media nazionale; il 31,8% dei pugliesi abbandona precocemente gli studi, rispetto alla media italiana del 20,8%. La Puglia inoltre si posizione al quarto per spesa pubblica per l’istruzione (5,7% del PIL regionale). I dati sono stati resi noti nel resoconto “Welfare Italia Index 2022” del think-tank”Welfare, Italia” .
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