Nel Regno Unito l’aumento dell’ansia e la mancanza di supporto per la salute mentale stanno portando a un forte aumento dei bambini che mancano da scuola dopo la pandemia Covid, con alcuni bambini che “faticano a uscire di casa”, secondo quanto riportato di recente dal settimanale The Guardian. Nella sua testimonianza alla commissione, che sta conducendo un’indagine sulle assenze scolastiche, il consiglio dell’Essex ha affermato che: “L’ansia e i problemi di salute mentale sono uno dei fattori più significativi alla base del recente aumento delle assenze persistenti/gravi da scuola. Abbiamo notato una crescita significativa della coorte di bambini e famiglie che hanno difficoltà a lasciare la propria casa. Alcune di queste famiglie soffrivano di ansia già prima della pandemia, ma molte delle attuali presentazioni di salute mentale e ansia sembrano essersi sviluppate durante i periodi di pandemia e di blocco”.
Le scuole segnalano un aumento significativo della coorte di bambini che non frequentano la scuola o che presentano modelli di assenza persistenti/gravi che possono essere difficili da contrastare.
I piani del Ministero dell’Istruzione per ridurre le assenze prevedono che le autorità locali facciano un uso maggiore dei poteri legali per imporre la frequenza, ma i consigli hanno dichiarato ai parlamentari che, pur sostenendo gli obiettivi del Department for Education, non hanno le risorse per realizzarli. L’Essex ha dichiarato che i piani del DfE richiederebbero la presenza di 40 responsabili delle presenze, rispetto agli otto che può permettersi di assumere.
Nel Mezzogiorno il tasso di abbandono scolastico, secondo le ultime rilevazioni del network “Dalla parte dei bambini” è del 16,6% e a Napoli si arriva al 23%, mentre al Centro-nord è del 10,4%. In Campania solo meno del 20% dei ragazzi partecipa alla scuola a tempo pieno, ciò significa che tutti gli altri in cinque anni perdono un intero anno di lezioni di scuola. Ci sono alcuni quartieri di Napoli dove l’abbandono scolastico arriva al 33%, quindi i bambini che vivono in questi quartieri avranno meno opportunità e spesso nessuna rete sociale di supporto.
“Non c’è possibilità di sviluppo in un Paese che ha percentuali di dispersione scolastica intorno al 20%. Un ragazzino che si perde e finisce in circuito penale costa allo Stato quattro volte di più di quello che costerebbe se fosse inserito in un programma di recupero scolastico”, sostiene Andrea Morniroli, coordinatore, insieme a Fabrizio Barca, del Forum delle disuguaglianze e diversità, l’organismo per l’equità che fa incontrare mondo della ricerca e la cittadinanza attiva. Oltre a ragazzi che lasciano la scuola ci sono coloro che non raggiungono competenze di base per trovare lavoro e fra tutti raggiungono percentuali medie del 10%, 17% nel Mezzogiorno e addirittura 22% in Sicilia.
Secondo l’ultimo Rapporto Caritas, in Italia la povertà intergenerazionale ha caratteristiche ben precise. La mobilità sociale funziona prevalentemente per chi proviene da famiglie di classe media e superiore; gli altri invece rimangono attaccati ai cosiddetti “sticky grounds e sticky ceilings” pavimenti o soffitti appiccicosi da cui non c’è possibilità di staccarsi per migliorare.
“Noi vediamo ancora la scuola come un organismo statico che trasmette saperi, ma assolutamente non può più essere così. È possibile fare scuola ovunque e in qualunque momento: per strada, nei boschi, nei parchi, dall’alba al tramonto, in tempi e in luoghi diversi da quelli a cui la scuola tradizionale ci ha abituati. Trasformare la scuola tradizionale in una scuola diffusa nella città”, sostengono gli esperti della Caritas, e aggiungono, “la scuola è indispensabile per i bambini perché rappresenta oggi l’unico reale laboratorio di contaminazione sociale e culturale, dove le diversità continuano a incontrarsi, a dialogare e a costruire insieme il proprio futuro. Non è vero che la pandemia è stata una catastrofe uguale per tutti: ha scavato un solco profondo tra i bambini che appartengono a famiglie benestanti e tutti gli altri”.
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