Il Mezzogiorno presenta tassi di abbandono ancora molto elevati: nel 2018, gli abbandoni prematuri della scuola nel Sud Italia erano il 18,8% a fronte dell’11,7% delle regioni del Centro-Nord. Valori più elevati si registrano per i maschi (16,6% in Italia, 21,5% nel Mezzogiorno). Peraltro, se nel Centro-Nord il mancato proseguimento degli studi si accompagna a un numero più consistente di giovani occupati, pur con basso livello di istruzione, nelle regioni meridionali gli occupati usciti precocemente dagli studi sono una minoranza (21% a fronte del 46% del Centro-Nord nel 2018).
Questi sono alcuni dei dati riportati nell’ultimo Rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno) dal titolo “L’economia e la società del mezzogiorno”, presentato stamattina, 4 novembre, alla Camera dei Deputati.
Il Rapporto, tra i vari aspetti trattati, parla anche di Scuola e Istruzione.
Giovani, con elevati livelli di istruzione, abbandonano il Sud e spesso non tornano più.
Dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15 mila residenti: la metà sono giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati; il 16% circa si sono trasferiti all’estero. Oltre 850 mila di loro non tornano più nel Mezzogiorno.
Solo nel 2017, il Mezzogiorno ha perso oltre 132 mila residenti, un quarto dei quali ha scelto un Paese estero come residenza, una quota decisamente più elevata che in passato, come più elevata risulta la quota dei laureati, un terzo del totale.
La “nuova migrazione” è indubbiamente figlia dei profondi cambiamenti intervenuti nella società meridionale, un’area che sta invecchiando e che non si dimostra in grado di trattenere la sua componente più giovane sia quella con un elevato grado di istruzione e formazione, sia coloro che hanno orientato la formazione verso le arti e i mestieri.
La consistente perdita dei giovani laureati interessa tutte le regioni del Mezzogiorno e assume un rilevo maggiore in Basilicata e in Abruzzo, rispettivamente il 33,9% e il 35,0%.
Per quanto riguarda le migrazioni interne, nel 2017, quasi 110 mila abitanti si sono trasferiti dal Mezzogiorno in una regione centro-settentrionale, 2 mila in più dell’anno precedente. La Lombardia è la meta preferita da coloro che lasciano una regione del Mezzogiorno, mentre meno attraenti risultano le regioni del Nord-Est, a vantaggio di quelle del Centro, tra le quali, il Lazio si conferma stabilmente, la seconda regione di destinazione degli emigrati dalle regioni del Mezzogiorno. Cresce la componente femminile delle emigrazioni giunta ormai alla quasi parità con quella maschile.
Altro aspetto trattato nel Rapporto concerne la dispersione scolastica.
In proposito, il target quantitativo della strategia di Lisbona che prevedeva il raggiungimento nel 2010 di una quota dell’85% dei giovani tra i 20 e i 24 anni con almeno un diploma di scuola secondaria superiore è stato pienamente raggiunto nelle regioni del Centro-Nord, mentre è ancora distante per quelle del Mezzogiorno.
Nel 2018 ancora circa 600 mila giovani, di cui 300 mila nel Mezzogiorno, pur avendo al massimo la licenza media, abbandonano il sistema di istruzione e formazione professionale.
Il Rapporto parla anche di edilizia scolastica: se al Nord e al centro il patrimonio edilizio scolastico è mediamente più controllato, sicuro e mantenuto, al Sud e nelle Isole la situazione è preoccupante. Gli enti locali infatti dichiarano la necessità di interventi di manutenzione urgenti per il 56% degli edifici del Mezzogiorno e per il quasi 50% nelle Isole.
Preoccupante è la situazione dal punto di vista della sicurezza, perché ai minori controlli corrisponde una maggiore fragilità sismica del territorio. Al Sud 3 scuole su 4 sono in area a rischio sismico. In Sicilia la situazione peggiore: quasi il 98,4% delle scuole.
Infine, un cenno alla riduzione, negli ultimi anni, della spesa in Istruzione, che ha avuto un calo del 19% al Sud (13% nel Centro-Nord).
Non sorprende quindi, secondo la Svimez, che il processo di convergenza del nostro Paese verso la media OCSE si sia interrotto e che ancora oggi l’Italia sia tra i paesi con la popolazione meno istruita anche con riferimento alle generazioni più giovani: tra i 25-34enni solo il 27,7% è in possesso di un titolo terziario, mentre la media UE è al 40%.
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