I problemi della scuola sono, da sempre, complessi e di difficile soluzione, se non altro perché si ha a che fare con numeri ingenti e con situazioni molto diversificate; quindi quello che potrebbe funzionare nella regione X sarebbe del poco utile nella regione Y e così via.
E chi governa il sistema sembra quasi non accorgersi di tutto questo.
Prendiamo ad esempio il problema della dispersione scolastica: il Ministro ha detto che ha tutte le intenzioni di far rientrare il nostro Paese nei parametri europei.
Nobile intento che va certamente apprezzato.
Peccato che una delle misure che il ministro Valditara sta proponendo ci sembra un po’ semplicistica: “Per contrastare l’abbandono scolastico – dice il titolare di Viale Trastevere – faremo classi di 10 alunni”.
Ovviamente l’idea piacerà a tutti, sindacati in testa ma ci sia permesso di esprimere qualche perplessità.
Innanzitutto va detto che la dispersione scolastica non sembra nettamente correlata con il numero degli alunni per classe (o per lo meno non esistono dati che possano dimostrare o confutare questa ipotesi).
Che poi classi meno numerose possano migliorare la qualità della didattica è piuttosto evidente e quindi intervenire in tale direzione non potrebbe che fare bene al nostro sistema scolastico.
Il fatto è che tale misura ci sembra molto parziale perché dispersione e abbandono sono strettamente legati a fenomeni sociali di più ampia portata: si va dalle condizioni socio culturali delle famiglie fino alle caratteristiche del territorio. Per esempio: quanto incide il sistema dei trasporti scolastici che magari costringe gli studenti delle secondarie di secondo grado a trascorrere molte ore fuori casa solo per gli spostamenti verso la scuola? e quando incide la carenza di servizi culturali (biblioteche soprattutto) nel territorio?
Insomma, intervenire sul numero degli alunni per classe è sicuramente buona cosa, ma siamo sicuri che sia sufficiente?
E che dire poi dell’altra misura di cui si discute calorosamente in questi giorni, e cioè quella di eliminare i vincoli della mobilità.
Anche in questo caso bisogna essere molto realistici: sicuramente eliminare i vincoli è un fatto positivo, soprattutto in un contesto socio economico come quello attuale che non consente a un insegnante di sopravvivere decorosamente a centinaia di chilometri dalla propria città con uno stipendio che spesso non arriva neppure a 1.500 euro al mese.
Ma siamo sicuri che eliminare i vincoli possa consentire davvero alla maggior parte dei docenti lontani da casa di avvicinarsi per migliorare la qualità della propria vita? Se in alcune regioni del sud non ci sono posti disponibili a che serve eliminare i vincoli? Non bisognerebbe forse intervenire anche (e non solo) con misure per migliorare il welfare?
Abbiamo citato due soli casi, ma l’elenco potrebbe allungarsi di molto.
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