La crisi sociale ed economica indotta dall’emergenza sanitaria ha portato ad una tensione, prettamente finanziaria e culturale, in seno ai gruppi familiari di numerosi studenti, i quali hanno prematuramente abbandonato gli studi per via dello stress e delle eccessive pressioni indotte dalla società e dalla formazione. Spesso costoro, in Australia così come altrove nel continente oceanico, hanno difficoltà a reperire aiuto diretto in ambienti sicuri ed esterni al nucleo familiare. In Australia si conta un’errata distribuzione e quasi totale assenza nelle aree rurali di assistenti sociali, figure professionali di supporto alle famiglie ed agli studenti.
“I nostri modelli di istruzione hanno bisogno di una scossa, ma come potrebbero apparire è la grande domanda”, afferma la prof.ssa Assoc Lisa McKay-Brown, assistente decano della diversità e dell’inclusione presso la Melbourne Graduate School of Education, Università di Melbourne, che sovrintende il programma di intervento In2School, che coinvolge migliaia di istituti in tutto il paese.
Durante la pandemia, le scuole australiane sono state generalmente tenute aperte. Tuttavia, alla luce dei blocchi estesi in molti stati e territori, per molti programmi educativi sono stati implementati didattica online o l’apprendimento a distanza. Anche se alcune scuole potrebbero essere state temporaneamente chiuse nel 2020 a causa di interruzioni legate alla pandemia di COVID-19, l’ultima raccolta di dati di iscrizione e registrazione per le scuole australiane non ha subito grandi ripercussioni (ABS 2021), anche se la qualità didattica ha risentito della situazione in maniera pesante.
Il tasso di conseguimento è la proporzione di tutti gli studenti dell’anno 12esimo (ultimo del ciclo di studi superiore). Questo dato risulta aumentato dal 70% nel 2010 a un picco del 79% nel 2018, prima di scendere al 65% nel 2019. Nel 2020, circa 8 persone su 10 (79%) di età compresa tra 15 e 64 anni avevano conseguito l’anno 12esimo o equivalente o un titolo non scolastico di livello III o superiore, pari ad un abbandono e dispersione, multifattoriale, del 20%.
Le problematiche sollevate dal Ministero dell’Istruzione locale, alle prese con una vera e propria emergenza del sistema scolastico locale, sono relative all’inclusività degli studenti con disabilità, al limitato aggiornamento delle metodologie di somministrazione della didattica e dalla distribuzione errata dei plessi scolastici.
“Il rifiuto della scuola è un’esperienza terribile per i bambini e le famiglie. È anche un onere per la società, in particolare l’aumento dei costi sanitari e la riduzione della produttività, a causa dei genitori che devono ritirarsi dalla forza lavoro e dei bambini che perdono l’apprendimento e le qualifiche necessarie per un futuro impiego”, afferma la prof.ssa Kitty te Riele dell’Università di Tasmania, che è co-presidente dell’Associazione Australiana per l’Istruzione Flessibile e Inclusiva (AAFIE), promotrice del progetto In2School, che mira a contrarre statisticamente il fenomeno dell’abbandono scolastico.
“C’è un imperativo morale e finanziario per i governi di investire in soluzioni autentiche”, conclude. Rapportandosi al Belpaese e al Vecchio Continente, l’Australia annovera dati ben peggiori: la media di dispersione italiana è pari al 12,8% mentre quella UE, in media, non sale oltre il 10%.
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