In Italia la dispersione scolastica sfiora il 13% e il sud Italia è primo per abbandono. Il rapporto di Save the Children ‘Alla ricerca del tempo perduto”, https://s3.savethechildren.it/public/files/uploads/pubblicazioni/alla-ricerca-del-tempo-perduto.pdf appena messo in rete, fa un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana. L’organizzazione internazionale offre un ritratto impietoso sullo stato dell’educazione scolastica del nostro Paese: peggio dell’Italia solo Spagna e Romania rispettivamente con il 15,3 e 13,3%, ancora lontane dal traguardo fissato dal Consiglio dell’Ue del 9% entro il 2030. Altro dato allarmante per quanto riguarda l’Italia è quello relativo alla povertà assoluta, che tocca quasi 1 milione e 400 mila bambini.
C’è una forte disparità geografica nella dispersione implicita, che raggiunge il picco in Campania, al 19,8%; in particolare, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60% degli studenti non raggiunge il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica sono disattese dal 70% degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. L’abbandono scolastico nella maggior parte delle regioni del sud va decisamente oltre la media nazionale (del 12,7%), con punte in Sicilia (21,1%) e Puglia (17,6%) e valori decisamente più alti rispetto a Centro e Nord anche in Campania (16,4%) e Calabria (14%). Un diplomato su dieci non ha le competenze minime per entrare nel mondo del lavoro o dell’università, mentre quasi il 13% dei giovani abbandona la scuola prima di aver conseguito la maturità.
Save the Children sottolinea il paradosso per cui i territori dove la povertà minorile è più forte sono quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre: nelle province dove l’indice di dispersione implicita è più basso, le scuole primarie hanno assicurato ai bambini e alle bambine maggior offerta di tempo pieno (frequentato dal 31,5% degli studenti contro il 24,9% nelle province ad alta dispersione), maggior numero di mense (il 25,9% delle scuole contro il 18,8%), di palestre (42,4% contro il 29%) e sono inoltre dotate di certificato di agibilità (47,9% contro il 25,3%).
Questi dati mostrano quanto sia fondamentale aumentare le risorse per l’istruzione portandole al pari della media europea che è corrispondente al 5% del Pil. Secondo Save the Children Italia investire il 5% del Pil vorrebbe dire rendere disponibili circa 93 miliardi, contro i circa 71 stanziati nel 2020.
Secondo Raffaella Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children è necessario un investimento irrinunciabile per lo sviluppo del Paese che va messo al centro dell’agenda politica, e in questa direzione ha sottolineato l’importanza della mensa scolastica, riconosciuta come livello essenziale delle prestazioni (Lep), per garantire a tutti i bambini, nella scuola primaria, almeno un pasto gratuito ed equilibrato al giorno e di estendere il tempo pieno a tutte le classi della scuola primaria.
A livello nazionale le classi da trasformare in tempo pieno sarebbero 81.639 e secondo le stime del rapporto, l’investimento annuo necessario a garantire il tempo pieno in tutte le classi della scuola primaria statale ammonterebbe a 1 miliardo e 445 milioni di euro circa.
Attualmente il tempo pieno è una realtà per ben più del 50% degli alunni della scuola primaria in quasi tutte le province del Centro e del Nord, una platea superiore alla media nazionale che è di circa 4 alunni su 10. Con percentuali sopra al 60% ci sono Roma, Firenze, Prato, Bologna Modena, Imperia e Torino, con le punte di Milano, Lodi e Monza Brianza che si attestano dall’80% in su. In tutte queste 10 province la percentuale di alunni svantaggiati dal punto di vista socioeconomico è nettamente inferiore al 20%, secondo il rapporto di Save the Childre, mentre nelle province di Trapani, Catania, Siracusa, Ragusa, Campobasso, Isernia e Palermo, dove l’accesso al tempo pieno nella scuola primaria è inferiore al 10%, la percentuale alunni nel quintile più basso raggiunge il 25% circa.
Nelle zone più deprivate dove Save the Children, opera con progetti e iniziative si evidenziano quotidianamente gli effetti sui bambini e gli adolescenti, anche a causa dell’onda lunga della crisi prodotta dalla pandemia e di una povertà che colpisce maggiormente le famiglie con bambini. Le conseguenze della crisi energetica e dell’impennata dell’inflazione, che ha un impatto maggiore sulle famiglie meno abbienti e con minore capacità di spesa (+9,8%, contro il +6,1% delle famiglie con livelli di spesa più elevati.
Save the Children chiede al governo, alle Regioni e agli Uffici scolastici regionali la massima vigilanza nel rispetto di quelle norme che dovrebbero tutelare le famiglie più in difficoltà: a partire dal tetto di spesa per i libri di testo e dal divieto di imporre alle famiglie contributi ‘volontari’, oltre ad interventi straordinari per assicurare la gratuità dei servizi di mensa per i bambini e le bambine la cui situazione economica è peggiorata in questa fase.
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