
La scuola, da un recente rapporto pubblicato da Save The Children e ripreso da numerose testate nazionali ed internazionali, sembra costituire un lusso per pochi. La dispersione scolastica infiamma i continenti in via di sviluppo e il dibattito pubblico e politico circa tale tema sembra non venirne a capo: sanzioni ai genitori ed alle famiglie poco virtuose? Norme più stringenti? Intervento delle forze dell’ordine e degli assistenti sociali al seguito se assolutamente necessario? In verità il tutto scaturisce da una crisi sociale parallelamente identica al periodo dell’introduzione della scuola pubblica già dall’ultimo quarto del XIX secolo: famiglie sempre più povere, carenza di personale qualificato ed impossibilità dei giovani di frequentare la scuola in quanto impegnati in attività professionali al sostegno delle famiglie. Valutiamo nel dettaglio numeri e proporzioni a livello continentale.
Le chiusure per l’emergenza COVID-19
La crisi educativa globale causata dalla pandemia di Covid-19 e aggravata dai disastri climatici ha lasciato un segno profondo, con 130 milioni di bambini in 22 paesi ancora esclusi dal sistema scolastico. Le chiusure prolungate, che in alcuni casi sono durate oltre due anni, non hanno solo interrotto il normale percorso di apprendimento, ma hanno anche aumentato il rischio di abbandono scolastico definitivo, soprattutto tra i bambini più vulnerabili. Secondo Save the Children, questa situazione ha creato un divario educativo sempre più marcato, con conseguenze che si ripercuoteranno a lungo termine sulla crescita economica e sociale dei paesi coinvolti. In molte regioni, le scuole non sono ancora state riaperte a pieno regime, mentre in altre la qualità dell’istruzione è drasticamente peggiorata a causa della mancanza di risorse e della difficoltà nel recuperare il tempo perso.
L’accesso limitato all’istruzione non solo compromette il futuro di milioni di bambini, ma rappresenta anche una minaccia per lo sviluppo globale, rendendo urgente l’adozione di strategie efficaci per garantire il diritto allo studio a tutti. Le chiusure scolastiche imposte a partire da marzo 2020 per contenere la diffusione del virus hanno avuto conseguenze durature sull’educazione dei più giovani. Secondo Save the Children, i dati mostrano che nei paesi dove le scuole sono rimaste chiuse più a lungo, gli studenti hanno subito le maggiori perdite di apprendimento. Le Filippine, in particolare, hanno registrato uno dei lockdown scolastici più lunghi: secondo l’UNESCO, tra l’inizio del 2020 e marzo 2022, le scuole del paese sono rimaste chiuse per oltre 520 giorni, un periodo che ha lasciato segni profondi sulla preparazione degli studenti e sulla loro continuità scolastica.
La crisi climatica
Save the Children ha evidenziato come, in paesi come le Filippine, il Bangladesh, il Messico e l’Honduras, la chiusura prolungata delle scuole non sia stata causata solo dalla pandemia, ma anche dagli effetti della crisi climatica. Eventi estremi come inondazioni e ondate di calore hanno ulteriormente ostacolato il ritorno dei bambini in classe, aggravando le disuguaglianze educative già esistenti. Dopo la pandemia, milioni di studenti hanno dovuto affrontare ulteriori difficoltà legate agli effetti del cambiamento climatico. Save the Children evidenzia che circa 28 milioni di bambini con più di otto anni hanno perso ulteriori giorni di scuola, dapprima a causa del Covid-19 e poi a causa di 15 eventi meteorologici estremi. Tra questi, l’ondata di calore del 2024 e il tifone Trami dell’ottobre scorso hanno avuto un impatto significativo sulla frequenza scolastica.
Uno studio governativo citato dall’organizzazione ha rilevato che, durante l’anno accademico 2023-2024, gli studenti hanno perso in media 32 giorni di scuola a causa di condizioni climatiche avverse. Tra l’inizio del 2022 e giugno 2024, secondo l’analisi di Save the Children, circa 404 milioni di bambini in 81 paesi hanno subito interruzioni nella loro istruzione a causa di eventi climatici estremi. Sebbene la didattica a distanza possa rappresentare un supporto, le Nazioni Unite stimano che due terzi dei bambini in età scolare nel mondo non abbiano accesso a Internet nelle proprie case, rendendo questa modalità di apprendimento inaccessibile per milioni di studenti. “Molti bambini che saltano ripetutamente la scuola,” afferma Save the Children, “fanno fatica a recuperare il ritardo, aumentando il rischio di abbandono scolastico”.
Un caso italiano
La dispersione scolastica in Italia ha mostrato un trend in diminuzione negli ultimi anni. Nel 2023, il tasso di abbandono scolastico tra i giovani di 18-24 anni si è attestato al 10,5%, in calo rispetto all’11,5% del 2022 e al 12,7% del 2021. Nonostante questi progressi, l’Italia si posiziona ancora al quinto posto in Europa per tasso di abbandono scolastico, con un valore superiore alla media europea del 9,6%. L’obiettivo nazionale è di ridurre questo tasso al 9% entro il 2030.
È importante sottolineare che esistono significative differenze regionali. Le regioni del Mezzogiorno presentano tassi di abbandono scolastico più elevati rispetto al Nord, evidenziando la necessità di interventi mirati per colmare questo divario. Oltre all’abbandono scolastico esplicito, esiste il fenomeno della dispersione scolastica implicita, dove gli studenti completano il percorso di studi senza acquisire le competenze di base attese. Nel 2019, questo tasso era del 7,5%, è salito al 9,8% nel 2021 a causa della pandemia, ma è poi sceso al 6,6% nel 2024, indicando un miglioramento nella qualità dell’apprendimento.