In Italia la dispersione scolastica è un problema abbastanza serio che va affrontato non solo dalle scuole, ma in modo serio per evitare ripercussioni sul sociale e sui problemi legati ad atteggiamenti di bullismo fra i giovani.
Il problema della dispersione trova poco spazio nel dibattito pubblico, perché non sono presi in esame i motivi che la determinano o per erronea interpretazione del fenomeno o perché non si lega il fenomeno al principio di uguaglianza sostanziale espresso con tanta chiarezza nel secondo comma dell’art. 3 della nostra carta costituzionale.
Sebbene il fenomeno sia in calo – i dati rilevano, infatti, una decrescita del fenomeno dal 20,8% del 2006 al 13,5% del 2020 -, il divario fra Nord e Sud continua a presentare livelli preoccupanti: Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Molise occupano, infatti, i primi cinque posti della classifica della povertà educativa in Italia, una situazione fortemente correlata al tasso di dispersione scolastica.
Nel mese di giugno del 2022, il ministro dell’istruzione Bianchi ha dichiarato di aver firmato una prima tranche di risorse del piano contro la dispersione scolastica e per il superamento dei divari territoriali al fine di finanziare dei progetti per studenti nella fascia d’età dai 12 ai 18 anni.
Non è sufficiente portare avanti dei progetti scolastici per risolvere il problema della dispersione, ma è opportuno trovare delle strategie a livello nazionale al fine di offrire agli alunni le condizioni di esercizio per beneficiare sostanzialmente degli effetti promozionali del diritto allo studio inteso come sviluppo della persona in ogni suo aspetto.
Non basta consentire formalmente a tutti la frequenza della scuola, senza fare nulla per liberare lo studente dai condizionamenti economici, culturali e di lavoro dalle situazioni di esclusione sociale e di povertà. La dispersione va combattuta rendendo effettivo l’idea di uguaglianza e di libertà come valori da difendere attraverso l’intervento e la solidarietà collettiva.
Attribuire la colpa della dispersione al singolo studente perché disinteressato allo studio, o alla cultura in generale è un volersene lavare le mani come istituzione preposta a rimuovere gli ostacoli di qualsiasi natura per promuovere lo sviluppo armonico della personalità di ogni singolo soggetto.
Certamente la scuola ha il compito di valorizzare gli interessi, le inclinazioni di ogni singolo alunno orientando ognuno verso l’indirizzo scolastico più adeguato alle sue reali esigenze, senza effettuare discriminazioni tra i licei e gli istituti tecnici o professionali, superando il pregiudizio per cui gli istituti tecnici e professionali siano per chi non ha voglia di studiare e per superare l’atteggiamento per cui la scelta del liceo rappresenta talvolta quasi uno status symbol.
La scuola deve superare l’idea basata su modelli standardizzati del profitto, attribuendo la colpa del fallimento a chi non riuscendo negli studi è destinato all’abbandono scolastico. Certamente la scuola da sola non può risolvere il problema della dispersione, ha bisogno di un supporto sociale al fine di evitare l’abbandono scolastico non solo degli studenti delle fasce più deboli, ma anche quelli che necessitano d’interventi personalizzati come i plusdotati che spesso non sono riconosciuti e finiscono con l’annoiarsi e conseguentemente abbandonare la scuola.
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