La pubblicazione dell’annuale report circa la salute del sistema scolastico britannico – che oramai sembra affetto anch’esso dalla sindrome dei tagli, del limitato ricambio generazionale e dai blocchi a cui sono sottoposte le attività didattiche per via dei recenti scioperi in corso (vedasi Scozia e Galles) – non offre un quadro roseo della situazione, a cominciare dal rendimento degli studenti. Seppur il PIRLS – report e studio condotto a livello europeo circa le abilità base di lettura, scrittura abbia confermato la posizione del Regno Unito ai primi posti a livello internazionale per tali competenze – le capacità reali degli studenti nelle discipline di base quali letteratura, matematica, lingue straniere (clamoroso il caso dell’Irlanda del Nord ove le aspettative minime di rendimento non sono per nulla attese) e logica risultano decisamente mediocri. Ciò, secondo il Ministero, è provocato dalla perdita di un biennio didattico a causa delle disposizioni anti-contagio varate dalle autorità sanitarie e dall’utilizzo massivo – peraltro non autorizzato – di dispositivi elettronici in classe, il che provoca problemi attentivi e di concentrazione a lezione. Altro elemento a far leva su una crisi oramai storica è la dispersione scolastica, o come la chiamano i locali “assenza cronica ingiustificata”: alcune aree del paese hanno raggiunto livelli da emergenza, pari ad oltre il 30 % degli studenti che, per svariate motivazione, non mettono piede a scuola per settimane consecutive.
La frequenza scolastica in Irlanda del Nord negli ultimi due anni è stata la peggiore mai registrata. Sia nell’anno scolastico 2021/22 che 2022/23, circa il 30% degli alunni ha avuto tassi di assenza classificati come “cronici” o “cronici gravi”. Questo è quanto emerge dai dati forniti dal Dipartimento dell’Istruzione (DE). Anche il tasso di assenze persistenti tra gli alunni dell’Irlanda del Nord è significativamente più elevato che in Inghilterra o Galles. È probabile che vi siano diverse ragioni per gli elevati tassi di assenza, tra cui:
Anche il numero di alunni della scuola primaria che non si recano a lezione per le vacanze familiari durante il periodo scolastico è salito a livelli elevati. Kevin McArevey, preside della Holy Cross Boys’ Primary School di North Belfast, intervistato dalla locale BBC, ha dichiarato di non essere d’accordo con l’idea di lasciare a casa i bambini da scuola per le vacanze (siano queste natalizie o pasquali). “Il legame tra frequenza e successo scolastico – rendimento – è innegabile”, ha precisato al programma Good Morning Ulster dell’emittente. “Ciò che i genitori devono capire è che quando i loro figli non sono qui, il resto della classe va avanti.” “Dobbiamo sapere perché gli alunni non vanno a scuola”.La posizione delle autorità
Il Dipartimento all’Educazione classifica l’assenza cronica la circostanza presso la quale l’alunno è assente tra il 10% e il 20% dei giorni durante un anno scolastico – da 19 a 38 giorni. Si parla di assenza cronica grave quando un alunno ha perso più del 20% dei giorni in un anno scolastico, ovvero più di 38 giorni. Nel 2021/22 quasi 100.000 alunni nordirlandesi presentavano tassi di assenza classificati come cronici o cronici gravi, ovvero circa un terzo di tutti gli studenti regolarmente iscritti. Il tasso di assenze è diminuito nel corso del 2022/23, ma quasi il 30% degli alunni presentava ancora tassi di assenza classificati come cronici o cronici gravi. “Negli ultimi anni abbiamo assistito a una serie di sfide, in particolare post-Covid, in materia di presenze”, ha affermato McArevey. “Il 10% di assenza equivale a 19 giorni di scuola, ovvero ogni due venerdì per un intero anno scolastico.” In Italia la dispersione scolastica, vale a dire l’assenza prolungata, il non completamento del percorso di studi previsto o relativa frequentazione irregolare, presenta una delle incidenze maggiori d’Europa (12,7 % degli iscritti ne è affetto); peggio solo Romania (15,3 %) e Spagna (13,3 %). L’obiettivo medio europeo per i paesi membri si aggira ad un limite del 9 %, scenario difficilmente raggiungibile entro il prossimo lustro. Il fenomeno nel Belpaese presenta una conformazione irregolare su base territoriale: si registrano infatti picchi nel Mezzogiorno quali in Sicilia (21,1%), Puglia (17,6), Campania (16,4%) e Calabria (14%).
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