Una delle tante chiacchierate di inizio d’anno scolastico, parlando di nuove tecnologie: “Noi non possiamo inseguire i nostri ragazzi sulle nuove tecnologie, saranno sempre più avanti e più veloci di noi. Giusto che qualcosa ne sappiamo anche noi, ma senza frenesie. A noi, invece, il compito di curare due cose: l’intelligenza come domandare senso e ragione delle cose, ed il valore delle relazioni”.
Sarebbe già tanto se seguissimo questi due sentieri, sapendo delle loro convergenze parallele. Che è il vero valore del fare scuola oggi.
Viviamo in un’epoca di continua accelerazione, perenne innovazioni, magari senza un perché, un per chi, in vista di che. Si corre, si insegue.
Tempo, dunque, frenetico, che tentiamo di metabolizzare affidandoci, per non restare senza respiro, alle infinite distrazioni individualistiche, alla sensazione che pensarci troppo faccia troppo soffrire. Meglio non pensarci troppo.
Perché il tempo, lo vediamo, corre senza un ritmo evidente. Così finiamo per limitarci ad un tempo atomizzato, frammentato, disarticolato. Ognuno solo con se stesso.
Le tecnologie ci offrono più opportunità? All’apparenza.
Nulla viene percepito e visto in prospettiva, secondo una durata. Anche noi sembriamo fatti di tanti frammenti di quotidianità. Senza legami. Carpe diem.
L’unico sfogo è sul nostro corpo, visto come l’unico punto fermo. Basta la salute. Ecco il boom delle palestre.
La santificazione del corpo come surrogato del vuoto di mondo, di relazioni, di un qualche “Dio”, nel senso di un Altro che dona senso.
Non c’è nessun senso, come canta Vasco. Ognuno se lo dà, o almeno ci prova.
Difficile fare scuola, in questo contesto, al di là del mero interesse utilitaristico per il voto e per il pezzo di carta. Difficile, ancor più, proporre un sostrato culturale, che nemmeno tanti presidi e docenti riescono piú a pensare e a proporre.
Eppure non c’è alternativa. La vera sfida, contro il vuoto nozionismo, del fare scuola oggi. Una bellissima quotidiana sfida.
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