“La notte è piccola per noi, troppo piccolina”, cantavano allegramente le gemelle Kessler. Non potevano certo immaginare che, già qualche decennio dopo, la notte si sarebbe drammaticamente ristretta per tantissimi adolescenti, complici eventi storici come il lockdown, l’avvento dei dispositivi mobili e l’aumento di fragilità emotive nelle nuove generazioni.
Lo studente in stato catalettico nelle prime ore di scuola, soprattutto alle superiori, non è una novità. A quell’età, infatti, 1) si accumula più lentamente la spinta omeostatica al sonno, che aumenta in genere in modo proporzionale al tempo in cui rimaniamo svegli e 2) avviene in orari posticipati, rispetto alla norma, il rilascio della melatonina, l’ormone che regola il ciclo sonno-veglia e induce il sonno notturno.
Quando questa condizione arriva a produrre effetti di disadattamento alle condizioni normali di vita, in particolare rispetto alle richieste sociali, si configura come un vero e proprio disordine (DSPD: Delayed Sleep-wake Phase Disorder), qualcosa che coinvolge circa il 14% degli adolescenti.
Per questo motivo, la American Academy of Pediatrics, così come le associazioni dei pediatri in varie parti del mondo, ha rivolto appelli alle istituzioni a favore di un ingresso posticipato dei teenagers a scuola.
Tuttavia, a questo dato fisiologico si devono aggiungere alcuni fattori che sono tipici del nostro tempo, a cominciare dall’ingresso imperioso nelle nostre vite dei dispositivi digitali, spesso usati dagli adolescenti fino a tarda notte. Qui un problema è già costituito dalla stessa luminosità dello schermo (luce blu), in quanto essa tende ulteriormente ad inibire la produzione della melatonina, che viene prodotta in condizioni di assenza di luce. Il cellulare fa i suoi danni, ma tablet e computer possono fare anche di peggio, a detta degli esperti di disturbi del sonno, in quanto hanno schermi più grandi.
La mancanza cronica di sonno ha ricadute ovviamente sui processi cognitivi (e quindi sugli apprendimenti), ma incide ben più gravemente anche su altre dimensioni: genera infatti in tanti ragazzi fenomeni aggiuntivi come problemi metabolici, irrequietezza, rabbia, ansia e depressione, condotte autolesionistiche. Determina inoltre una quota aggiuntiva di incidenti stradali in quella fascia d’età.
Il periodo del lockdown ha fatto, sì, risparmiare mediamente un’ora di sonno ai ragazzi, non costretti a recarsi fisicamente a scuola, ma li ha ulteriormente indotti ad una sovraesposizione ai dispositivi digitali anche nelle ore piccole. Ne deriva che sono sempre in aumento, denunciano i medici, i ragazzi che non riescono ad addormentarsi prima delle 4 o 5 di notte.
Secondo l’American Academy of Sleep Medicine, un efficace trattamento dell’DSPD va strutturato secondo i seguenti step: 1) evitare l’esposizione alla luce almeno 30 minuti prima del momento in cui si va a dormire; 2) anticipare gradatamente per diversi giorni l’ora in cui si va a letto (15-20 minuti per volta); 3) assumere piccole dosi di melatonina (da 0.5 a 1 mg) da 4 a 6 ore prima di andare a letto; 4) esporsi presto alla luce del giorno; 5) tenere nota degli orari del sonno e della veglia durante la settimana.
La scuola può lavorare sulla consapevolezza su questi temi, anche proponendo specifiche attività in classe, soprattutto di apprendimento situato (unità di apprendimento, prove autentiche, ecc.), in cui gli studenti dovrebbero essere i protagonisti. Attività che potrebbero sviluppare in loro una maggiore presa di coscienza su questi processi.
Insomma, il problema va affrontato innanzitutto sul piano educativo a favore degli adolescenti. Perché adesso, realmente, la notte è diventata troppo piccola, per loro.
V. a tal proposito: S. Kansagra. Sleep Disorders in Adolescents. Pediatrics May 2020, 145: https://publications.aap.org/pediatrics/article/145/Supplement_2/S204/34446/Sleep-Disorders-in-Adolescents?autologincheck=redirected
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