L’importanza della lingua inglese è un mantra che ci viene ripetuto continuamente in ogni ambito: a scuola, sul luogo di lavoro, in televisione, internet e così via. Nonostante ci venga costantemente fatto presente quanto l’inglese ci permetta di avere una marcia in più nella nostra carriera lavorativa e in questo mondo globalizzato, il livello medio della conoscenza della lingua inglese nel nostro Paese rimane ancora fra i più bassi d’Europa. Com’è possibile che ci sia un tale divario fra la nostra voglia di inglese e la nostra effettiva padronanza di questa lingua?
Chiunque abbia trascorso un periodo di soggiorno in un qualsiasi paese del Nord Europa si sarà certamente reso conto di quanto il bilinguismo sia un fatto pressoché assodato, almeno per quanto riguarda le fasce più giovani della popolazione, ma in realtà anche fra quelle frange di popolazione adulta che per ragioni professionali siano portate a doversi confrontare con degli stranieri. Avendo studiato per un semestre in Germania, so perfettamente quanto possa essere frustrante voler mettere in pratica il proprio tedesco e, non appena l’interlocutore si rende conto di non trovarsi di fronte ad un madrelingua tedesco, vedersi rispondere immediatamente in un perfetto inglese. Gli studenti Erasmus in Italia sono invece ben più “fortunati”: il basso livello di conoscenza dell’inglese li costringe ad imparare rapidamente l’italiano e talvolta anche il dialetto.
Dall’altro lato abbiamo poi delle paradossali situazioni di eccesso nel senso opposto, con un utilizzo smodato di inutili anglicismi e pseudoanglicismi in contesti e con significati spesso ignoti agli stessi madrelingua. Ricordo bene le prime volte che in Inghilterra ho utilizzato termini come pullman o autostop, per scoprire che si trattava di parole incomprensibili agli stessi madrelingua.
Una strada da seguire può essere quella di passare all’apprendimento dell’inglese reale, non semplicemente di quell’inglese volto al superamento di una prova o della mera sopravvivenza scolastica. Gli studenti, per primi, devono rendersi conto che se un esame universitario viene fissato su di un parametro europeo standard di conoscenza della lingua (secondo il Common European Framework of Reference for Languages), ciò non deve essere visto come uno svantaggio, ma come stimolo a raggiungere quel dato livello di fluenza linguistica.
Senza limitarsi, dunque, al piatto apprendimento delle regole bisogna fin da subito parlare la lingua, renderla viva, e allenarsi all’ascolto. Il vero cambio di passo si ha quando lo studente si rende conto che la conoscenza della lingua gli apre un mondo di possibilità: parlare senza intermediari con giovani di tutto il mondo, leggere e vedere Harry Potter in lingua originale e capire finalmente i testi del gruppo musicale preferito. Perché ciò possa avvenire è necessario, però, che gli stessi insegnanti abbiano vissuto questo innamoramento e questa passione per la lingua, che sappiano parlarla e “viverla” ogni giorno.
In conclusione, il perseguimento di un buon e diffuso livello di conoscenza della lingua inglese deve procedere in maniera funzionale alle esigenze scolastiche e professionali, soprattutto in ambito turistico, ma senza spogliare la lingua italiana della sua espressività. L’obiettivo deve essere quello di parlare in maniera appropriata due lingue, l’italiano e l’inglese, e non un italiano alterato da anglicismi fuori luogo, scorretti e pronunciati con un pessimo accento. Tutto questo senza dimenticarci che, attraverso l’influenza del francese, molte delle parole inglesi che pronunciamo per mostrarci moderni e al passo coi tempi, trovano le loro radici nella nostra lingua latina.
Manlio Distefano
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