Andrea Gavosto, presidente della Fondazione Giovanni Agnelli, ha scritto un libro che si intitola La Scuola Bloccata (Laterza 2022): una denuncia dei problemi cronici del sistema scolastico italiano, dall’assenza di una politica selettiva e motivante del personale scolastico, alle criticità sulla formazione, alla necessità della costituzione di un middle management. Su questi temi, l’incontro tra il segretario generale di Flc Cgil, Francesco Sinopoli, e il presidente della Fondazione Agnelli, pochi giorni dalla conversione in legge del DL 36/2022, che dovrà compiere il suo iter entro il 29 giugno, come ha più volte anticipato il nostro vice direttore Reginaldo Palermo.
“La scelta dei titolo del volume va nella direzione di teorizzare che la scuola ha enormi potenzialità – esordisce Andrea Gavosto – ma se la raffrontiamo ad altri sistemi europei è chiaro che ha dei ritardi, divari territoriali, per ciclo scolastico, di tipo sociale e alle volte di tipo scientifico. Perché una scuola bloccata? Per errori di comunicazione da parte della politica, ma alla base il vero problema sono i tempi dell’Istruzione. In una prospettiva della vita politica di un anno e mezzo diventa difficile mettere a terra una riforma di lungo periodo, con una visione”.
A quella di Gavosto, si aggiunge la voce di Francesco Sinopoli: “Andrea Gavosto insiste giustamente sul tentativo di aprire un dibattito pubblico sulla scuola. Ma in visioni diverse dobbiamo trovare delle basi comuni per incidere su temi strutturali. A mio parere l’ultima vera riforma è stata quella della scuola primaria, che ha impattato sulla vita di bambini e bambine. Oggi che ci accingiamo a varare una nuova riforma, dobbiamo confrontarci per spingere davvero nella direzione” di investire nella scuola: “è nelle finanziarie che si decide quanto deve incidere la scuola”.
“Sul tema delle risorse – ribatte il presidente della Fondazione Agnelli – sappiamo che dobbiamo investire di più per metterci al pari di altri Paesi, ma il punto è come investire. Bisogna dare molto di più alla scuola e ai docenti, in termini economici, ma anche chiedere molto di più alla scuola: ad esempio più orari formalizzati di progettazione didattica. I docenti devono essere disponibili a formarsi e dobbiamo realizzare soglie di ingresso più alte perché quella docente diventi una professione di enorme prestigio sociale, molto impegnativa ma anche capace di attrarre laureati. E bisogna andare anche nella direzione di una bella progressione di carriera,” argomenta Andrea Gavosto.
“Chi lavora nella scuola si sente perennemente abbandonato dallo Stato,” dichiara Francesco Sinopoli. “Portare questa professione al centro del Paese deve tenere conto del contesto. Guardiamo alla pandemia: chi sono quelli che hanno risentito di più della pandemia? Tutti coloro che non hanno a casa il supporto di una famiglia che può dare loro una mano. Allora ecco quanto è importante il tempo trascorso a scuola; ecco quanto conta l’investimento nel tempo scuola. La dispersione cresce tanto più, quanto meno è l’investimento nel tempo scuola”. Questo il terreno su cui Francesco Sinopoli e Andrea Gavosto si trovano il sintonia.
E sul decreto reclutamento, Andrea Gavosto si dice d’accordo con l’idea dei 60 Cfu, un’impostazione, quella dei 60 crediti, in linea con il resto dei Paesi europei. “Ma per l’Università è difficile organizzare questi corsi – fa notare – attenzione a questo aspetto. Da non sottovalutare anche la questione del sostegno. Chi arriva a fare l’insegnante di sostegno deve avere una solida formazione, adoperare personale non qualificato non va bene e non so quanto questa riforma prossima riesca a far fronte a questo aspetto”.
Francesco Sinopoli dice la sua sul decreto 36, e propone: “Ripartiamo dal Fit e mettiamoci dentro le risorse. Vero che 60 crediti sono meglio di 24 ma il problema resta il fatto che attorno a questo sistema di formazione iniziale dei docenti, continuerà a farla da padrone il mercato dei crediti, perché le università – come sostiene anche Andrea Gavosto – non ci arriveranno a gestire questo percorso. Noi crediamo in una formazione importante, non è vero che chiediamo sanatorie – si difende il numero uno di Flc Cgil -. Si è trovata la modalità più semplice per rispondere alle esigenze del Pnrr: ma questa non è una vittoria dello Stato, è una sconfitta. Avrei investito di più sulla formazione, anche nell’ottica di stabilizzare i precari, e meno sulla selezione (su cui si è fatta molta ideologia)“.
Andrea Gavosto dà ragione a Francesco Sinopoli su un aspetto: “220mila precari… è un’oscenità, anche dal punto di vista sociale,” afferma il presidente della Fondazione Agnelli “ma le organizzazioni sindacali si sono attaccate troppo al modello del doppio canale”.
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