Diventerà una data storica quella del 5 maggio!

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione inviataci da Giovanna Marcone Segretario generale
del sindacato Fenalca Scuola sul prossimo sciopero del 5 Maggio.

 

Purtroppo la storia ha già dedicato il 5 maggio a personaggi di ben altra levatura rispetto a coloro che in questi giorni si elevano a paladini della scuola del nostro Paese. Cosa si vuole dimostrare il 5 maggio? 

Sicuramente non la fine della scuola italiana. Forse la fine di un modo di fare sindacato che nasconde certe verità note a chi ha seguito finora (o si documenta) la storia della giurisdizione in materia di pubblica amministrazione e di scuola.

Come mai tanto stupore e livore di fronte al completamento del percorso verso l’autonomia delle istituzioni scolastiche, avviato già nel 1997? Come mai si rivendicano oggi, principi costituzionalmente garantiti?

Come mai una battaglia con un tale impatto mediatico è stata riservata alla scuola e non già in altri comparti della Pubblica Amministrazione come la Sanità? Forse il comparto Sanità è secondario rispetto il comparto Scuola? Non mi sembra.

Per essere più chiara in altri comparti, tra cui la Sanità, determinate procedure, nuove nella scuola, sono ormai consolidate Mi riferisco alla reiterazione dei contratti di lavoro a tempo determinato; infatti, dopo 36 mesi o si viene assunti a tempo indeterminato o cessano i contratti (questa probabilità fa tremare i supplenti che oggi rivendicano un posto di ruolo…). Ma anche l’obbligo di formazione e la valutazione sono ormai prassi consolidate.

A proposito di valutazione, molte lamentele sono state sollevate in merito alla difficoltà di attuare la valutazione ed il merito della classe docente: perché? Perché ci fa comodo la mediocrità in cui galleggiamo?Perché non siamo costretti a metterci in gioco, dimostrando che oltre a collezionare titoli e punteggi con i diplomifici, sappiamo rimboccarci le maniche e guadagnarci il consenso e la fiducia degli studenti, delle famiglie e della società in genere? Come mai siamo spaventati all’idea di essere valutati? Se i docenti valutano gli alunni è giusto che vengano a loro volta valutati da coloro che pure sono sottoposti a valutazione…

E se i dipendenti sono consapevoli dei loro diritti/doveri e sono a conoscenza della normativa vigente, il problema non si pone.

Ciò che riscontro quotidianamente nel lavoro di consulenza presso l’ufficio sindacale, è che molti dipendenti pensano di conoscere i propri diritti, ma spesso li conoscono solo parzialmente, pretendendo ciò che non è previsto dal contratto, e soprassedendo a ciò che il contratto prevede siano diritti dei lavoratori.

Però una differenza tra il comparto scuola ed il comparto sanità, o un qualunque altro comparto del Pubblico Impiego, c’è. Si, una differenza sulla quale le grandi sigle sindacali puntano il dito: un millantato strapotere dei dirigenti…!

Per chi non lo sapesse, i dirigenti scolastici (all’incirca 8.000) fanno parte di un’area dirigenziale un gradino più bassa dei dirigenti del Pubblico Impiego, con conseguente riduzione stipendiale. Se ai dirigenti scolastici (un gran bel numero) fosse riconosciuta la stessa area dirigenziale delle altre categorie, sarebbe una batosta per le finanza dello Stato! Per i privilegi di alcune “caste”, per i vitalizi di altre…

Quindi, l’impressione è che lo sciopero di massa programmato per il 5 maggio, nasconda ben altri fini e strumentalizzazioni: si, non è la valorizzazione della classe docente che viene evidenziata, bensì la facilità che le forze sindacali hanno di manipolare categorie intere di personale per ben altri scopi.

Quindi, mi meraviglia che quegli stessi sindacati che hanno professato per anni che il futuro della scuola sono la valutazione ed il merito, organizzando convegni e compagne di convincimento su “sistema di valutazione della scuola”, “scuola e rendicontazione sociale” di cislina memoria, adesso scendono in campo per protestare contro un ddl che porta a compimento un aspetto della riforma della Pubblica Amministrazione, altrimenti detta privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico.

L’idea che scaturisce da questo insieme è che i sindacati vogliono “mercanteggiare” qualcosa che non hanno ottenuto in precedenza, oppure vendicarsi dei distacchi mancati…!

Non mi interessa addentrarmi in questo meccanismo, quanto, piuttosto, far passare l’idea che lo sciopero indetto per il 5 maggio è una strumentalizzazione epocale delle masse! Come mai i grandi promotori della contrattazione e della concertazione Cisl scendono in piazza insieme ai protestatori per antonomasia Cgil?

No, questo non è senso di responsabilità verso i propri associati. Questa è campagna politica denigratoria verso un certo tipo di Governo.

Fa comodo a tutti lamentarsi che le cose non vanno, salvo che vengano intaccati ben altri interessi. L’apparato giuridico di questo Stato fornisce tutte le opportunità di “revisione” ed “adeguamento” di una legge. Queste le ragioni per cui non aderisco al megasciopero.

Prendo spunto dalle varie argomentazioni diffuse attraverso noti social network negli ultimi giorni, precisamente:

– non vanno bene gli albi regionali se non vengono “ordinati” con dei criteri oggettivi (titoli e servizio).

– I docenti non saranno titolari vita natural durante in una scuola. Ogni tre anni possono cambiare: e perché,

finora chi è stato dichiarato soprannumerario non è stato trasferito d’ufficio in altre sedi? Almeno, col piano

triennale abbiamo sicurezza per tre anni di stare in una scuola.

– Il dirigente sceglierà il suo staff: perché, non avviene anche oggi, direttamente o indirettamente con

l’assenso/dissenso del collegio docenti, commissioni, ecc.?

Se ricordiamo gli argomenti di discussione degli ultimi decenni ci rendiamo conto del diffuso malcontento. Risale al lontano 1999 il primo tentativo di valutazione proposto dall’allora ministro Luigi Berlinguer; al 2005 il ddl Aprea che proponeva albi regionali. Altrimenti, la Scuola ha rappresentato il bancomat per diversi governi che si sono alternati negli ultimi anni, per far quadrare i conti dello Stato.

Perché, oggi, una così grande mobilitazione contro un processo di riforma, a mio avviso ineludibile, di cui tutte le forze sindacali e politiche erano a conoscenza da anni? Diversi sono i soggetti che scendono in campo il 5 maggio, così come sono diverse le motivazioni: da una parte c’è chi vorrebbe far scomparire la Buona scuola di Renzi; dall’altra coloro che chiedono la revisione di alcuni emendamenti e che invece di far valere i mezzi di confronto sindacale quali la contrattazione e la concertazione, cavalcano l’onda del malcontento della categoria.

Io non ci sto. Non condivido i motivi dello sciopero, né intendo avallare le pretese di chi non vuole che il mondo della Scuola si adegui al momento storico attuale. Un momento di crisi economica, ma soprattutto di crisi dei Valori. Crisi etica. La protesta contro il cosiddetto “preside-sceriffo” viene da quanti, con il solito qualunquismo e assenza di responsabilità, pretende diritti a prescindere, senza sapere che un dirigente può diventare “sceriffo” solamente se quanti subiscono non vogliono assumersi l’onere della denuncia o, peggio ancora, non conoscono i propri diritti né i modi per rivendicarli.

Io non ci sto a protestare in questo modo. Non ci sto a fare numero per quanti utilizzano un mezzo democratico per altri fini. Questo articolo vuol rappresentare un parere, una visione super partes di un fenomeno…

Accetto il confronto ed eventuali proposte.

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