La decisione della rettrice delle scuole Malpighi di Bologna, Elena Ugolini, di vietare l’uso dei cellulari in classe e durante l’intervallo a studenti e docenti ha scatenato molte polemiche. Alcune di queste sono giunte da parte di studenti, così come ha dimostrato un sondaggio della Tecnica della Scuola.
Secondo i dati emersi dall’inchiesta, condotta in collaborazione con la redazione di ScuolaZoo, e alla quale hanno partecipato oltre 4mila soggetti, l’81,8% degli insegnanti (e il 79,5% della categoria Altro, comprendente Ata, dirigenti scolastici, ecc) apprezzano la decisione di vietare totalmente l’uso del cellulare a scuola. Una percentuale che sale addirittura all’86,1% nel caso dei genitori, segno che gli adulti vedono nello smartphone più minacce che benefici. E gli studenti?
Praticamente tre su quattro (il 72,9%) esprimono il loro dissenso verso l’astensione totale del cellulare a scuola. Ma, di fronte a questo risultato, ci sono voci fuori dal coro. Un esempio è l’opinione di una studentessa 18enne del liceo in questione, Greta Ongaro, raggiunta dai microfoni del Corriere della Sera.
Quest’ultima ha spiegato che usare il cellulare è davvero naturale per lei e i suoi coetanei, tanto da essere quasi un automatismo. Tuttavia, come ha riflettuto, questo divieto ha effetti benefici: “Quello che mi stupisce di più? È che ho spesso l’istinto di prenderlo, poi, tipo flash, ricordo: il mio telefonino non è nello zaino, ma nel cassetto chiuso a chiave. E poi realizzo che in realtà va bene così, posso farne a meno”.
A quanto pare la decisione della rettrice, com’è prevedibile, non è stata subito accolta bene dalla ragazza. “All’inizio, quando ne abbiamo parlato con il preside in classe, non è che mi sia piaciuta molto come idea. Usavo il telefono nelle pause, per sentire mia mamma per organizzarmi per i passaggi, o per dire ai miei che studiavo con gli amici, o anche semplicemente per controllare orari e compiti. Poi ogni tanto erano i professori stessi a chiederci di usare il telefono per condividere su Classroom dei materiali, soprattutto post pandemia. Poi man mano che sono passati i giorni mi sono accorta che è quasi bello stare in quella bolla di sei ore in cui sai che non hai contatti con niente e nessuno, e li riprendi alla fine della scuola. Stacco la testa, questa cosa mi intriga, e quando suona la campanella rientro in quel mondo che avevo lasciato”.
La maturanda ha riconosciuto quindi che questa situazione ha risvolti positivi, soprattutto per quanto concerne la concentrazione e l’attenzione in classe. Tuttavia, ci sono comunque degli svantaggi: “Il momento peggiore è quando l’assenza del telefono ci blocca. Ad esempio, quando io e un amico volevamo trattenerci a scuola per studiare per la verifica che ci avevano appena annunciato, abbiamo dovuto rinunciare: lui, che abita lontano, non ha potuto avvisare in tempo i genitori di non venire a prenderlo a scuola”. Inoltre, la studentessa non nasconde che non vede l’ora, dopo scuola, di “leggere le notifiche, soprattutto se arrivano da amici”.
La studentessa ha anche commentato il fatto che il divieto è stato esteso ai docenti: “L’attenzione migliora, siamo tutti più concentrati, anche i professori, che condividono con noi la rinuncia al telefono. Prima ogni tanto lo consultavano, fosse anche solo per verificare comunicazioni della segreteria, ma così invece sono al nostro livello, e sono pure meno sospettosi nei nostri confronti, sanno che non possiamo consultarlo né distrarci”.
Ecco com’è cambiata la ricreazione per gli studenti tenuti ad osservare questo divieto: “Ero abituata a sentirmi coi miei amici di altre classi e organizzarmi per vederci. Invece così passiamo la ricreazione a cercarci. Certo, ammetto che restiamo più tempo a chiacchierare, meno a osservare lo schermo”, questa l’esperienza della ragazza.
“Quando gli amici ora mi dicono che è come un carcere, io spiego che quando lo si vive è molto meno peggio di quanto uno lo immagini. Forse sarebbe stato meglio lavorare sull’autocontrollo, insegnarci a non usarlo. Vietarlo non è il massimo. Ma poi mi accorgo che sono io la prima ad avere l’automatismo di prenderlo, e quindi forse è meglio così”, ha concluso Greta.
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