Estero

Divise a scuola contro le discriminazioni, al via sperimentazione in Francia. Studenti e partiti di sinistra contrari: non basta

“Militarizzazione dell’apprendimento o simbolo di uguaglianza?” È il titolo che il quotidiano Le Figaro ha scelto per il suo articolo sulla questione dell’uniforme nella scuola pubblica, che ormai in Francia sta diventando realtà. La città apripista è Béziers, una città del sud del Paese, a una decina di chilometri dal mar Mediterraneo. Dal 26 febbraio, giorno di rientro dalle vacanze d’inverno, circa 700 bambini e bambine di quattro scuole elementari indosseranno, a titolo sperimentale, una divisa.

Fortemente voluta dal presidente Macron in persona, l’uniforme scolastica sarà obbligatoria su tutto il territorio nazionale a partire dal 2026. Almeno, così lo stesso Macron ha comunicato durante una conferenza stampa il 16 gennaio scorso. Per il momento sono un centinaio gli istituti volontari, di ogni ordine e grado e sparsi un po’ dappertutto sul territorio, che hanno scelto di partecipare a questa prima fase sperimentale.

Come si può leggere sull’account X della Prefettura di Béziers – dove, dicevamo, inizia ufficialmente il programma – ogni alunno ha ricevuto una dotazione comprendente cinque polo, due pull-over e due paia di pantaloni del valore di 200 euro, spesa sostenuta integralmente dallo Stato e dagli Enti locali.

Quattro gli obiettivi, esplicitati dal Prefetto, che la città – ma più in generale tutto il Paese – si propone di raggiungere attraverso l’uso della divisa: frenare le discriminazioni, creare unità, dare origine a un senso di appartenenza, lavorare sul concetto di uguaglianza.

Ma non tutti, in Francia, sono dello stesso avviso. Molti ragazzi e ragazze intervistate esprimono senza mezzi termini il loro disaccordo: non sarà di certo un’uniforme – dicono – a cancellare le disuguaglianze sociali, basterà dare un’occhiata allo zaino o alle scarpe. La divisa non cancellerà il colore della pelle o la stazza fisica di una persona, la divisa non fermerà il bullismo legato al razzismo o al body shaming.

Il dibattito, comunque, è politico: i partiti di destra, a partire dal “Rassemblement National” di Marine Le Pen, ritengono che l’uniforme a scuola possa essere un baluardo contro il consumismo e l’emarginazione legata all’appartenenza comunitaria; a sinistra, al contrario, l’uniforme è vista come un modo per nascondere i veri problemi della scuola: mancanza di risorse, stipendi bassi, esclusione dei ragazzi provenienti dalle periferie e dall’immigrazione.  

Gabriele Ferrante

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