Con sentenza n. 11602/2022 del 29 dicembre 2022, il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso di numerosi precari Ata che chiedevano il riconoscimento del servizio militare reso “non in costanza di nomina”.
Com’è noto, la materia è regolata dall’art. 485, comma 7, del D. Lgs. n.297/1994 (per il personale docente) e dall’art. 569, comma 3 (per il personale Ata), secondo i quali “il periodo di servizio militare di leva o per richiamo e il servizio civile sostitutivo a quello di leva è valido a tutti gli effetti”.
Soltanto un paio di anni fa, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 5679/2020 aveva posto fine all’annosa questione relativa al riconoscimento del servizio militare[1], disapplicando – in quanto illegittime – le disposizioni ministeriali succedutesi nel corso degli anni in materia di valutazione titoli nelle graduatorie per le supplenze.
Del resto, il Tar Lazio, già nel 2008, aveva dichiarato l’illegittimità del decreto ministeriale di aggiornamento delle graduatorie per il personale docente, affermando che col criterio seguito dall’Amministrazione “si finirebbe per favorire solo coloro che abbiano avuto la buona sorte di effettuare il servizio militare durante l’espletamento di un servizio d’insegnamento”.
“La portata assolutamente generale del 7° comma dell’art. 485 D. Lgs. 297/1994 che non è connotata da limitazioni di sorta, comporta che il riconoscimento del servizio debba necessariamente essere applicato anche alle graduatorie, onde evitare che chi ha compiuto il proprio dovere verso la nazione si trovi poi svantaggiato nelle procedure pubbliche selettive” (TAR Lazio, n. 6421/2008, 8 luglio 2008)
Sulla scia di tale interpretazione, in occasione della pubblicazione delle graduatorie per supplenze per il personale Ata, sono partiti moltissimi ricorsi, in gran parte accolti dal Giudice ordinario.
La pronuncia (negativa) del Consiglio di Stato ha dunque colto tutti di sorpresa, in quanto sembrerebbe porsi in contrasto con consolidata giurisprudenza in subiecta materia.
A ben vedere, però, oggetto dei numerosi ricorsi presentati in questo periodo dal personale precario Ata, non è il mancato riconoscimento del servizio militare, quanto la richiesta di attribuzione – per tale servizio- di punti 6, piuttosto che 0,6.
Orbene, il punteggio di 6 punti è previsto per ogni anno di servizio come personale Ata (servizio specifico).
Il punteggio di 0,6 è invece previsto in caso di servizio reso “alle dirette dipendenze di amministrazioni statali”(servizio aspecifico).
Secondo il Consiglio di Stato, non è possibile equiparare la condizione di colui che – in pendenza di rapporto di lavoro in atto col Ministero dell’Istruzione- sia stato costretto ad abbandonare tale occupazione per espletare il servizio militare, con quella di coloro che all’epoca non avevano alcun rapporto di lavoro in atto.
Pertanto, la diversa modulazione del punteggio tra coloro che hanno prestato servizio militare “in costanza di nomina” e coloro che non avevano un rapporto di lavoro in atto con la scuola, non appare irragionevole.
Sul punto, il Consiglio di Stato ha richiamato alcune sue precedenti pronunce in cui si era affermato (con riferimento al personale docente) che “sarebbe ingiustificato che il servizio di leva fosse valutato come indice di idoneità all’insegnamento, a scapito di chi ha maggiori titoli pertinenti all’attività da svolgere, atteso che una cosa è tutelare chi deve lasciare il lavoro per adempiere agli obblighi militari, tutt’altra cosa sarebbe valutare il servizio militare come titolo di merito per un insegnamento col quale esso non ha alcuna attinenza”.
[1] Ci si riferisce sia al servizio di leva sia al servizio civile sostitutivo.
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