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Docente di giorno, vende integratori la notte: la Finanza ora gli chiede di restituire i 10.000 euro di guadagno, serviva l’autorizzazione del preside

Fare l’insegnante e contemporaneamente un’altra professione è possibile, ma a due condizioni: chiedere sempre il permesso annuale alla scuola dove si svolge servizio e svolgere un’attività professionale che fa capo ad un albo. Senza queste due condizioni si rischia grosso. Come è capitato ad una donna che insegna in una scuola superiore della provincia di Pistoia: la Guardia di finanza ha intercettato dei compensi provenienti dal commercio on line di integratori alimentari e scoperto che l’attività si svolgeva senza autorizzazione.

L’attività, scrive l’Ansa, si svolgeva per conto di una società del Nord Italia. I finanzieri hanno sviluppato un’attività richiesta dall’Ispettorato per la Funzione Pubblica tramite il Nucleo Speciale Anticorruzione di Roma e hanno scoperto che l’insegnante per un paio d’anni si era dedicata alla vendita percependo quasi 10.000 euro di provvigioni. Questi soldi, come previsto dalla legge, dovranno ora essere versati all’amministrazione di appartenenza per incrementare il relativo fondo di produttività. Anche l’azienda che ha affidato l’incarico alla docente è stata sanzionata: dovrà pagare circa 2.500 euro.

Il dipendente pubblico, in effetti, non può svolgere altre attività non occasionali. A meno che non si operi in regime di part time almeno con impegno 50% rispetto a quello previsto dal contratto collettivo nazionale.

Gli insegnanti della scuola pubblica, come i professori universitari, possono derogare a questa norma generale, a patto però che svolgano incarichi retribuiti autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Il riferimento generale normativo è contenuto anche nel decreto legislativo 297 del 1994, il cosiddetto Testo Unico della scuola.

La docente di Pistoia, ricorda la Guardia di Finanza, avrebbe dovuto richiedere la preventiva autorizzazione, considerando soprattutto che “l’esercizio a scopo di lucro di attività estranee ai doveri d’ufficio deve essere oggetto di un’apposita valutazione da parte del datore di lavoro pubblico, che tenga conto sia della specifica professionalità, che di possibili profili di incompatibilità a salvaguardia dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione”.

L’incompatibilità dei due ruoli, tra l’altro, potrebbe comportare anche la cosiddetta contestazione d’addebito nei confronti sempre della docente: la prof potrebbe essere convocata dal suo dirigente scolastico o direttamente dall’Ufficio scolastico per spiegare i motivi che l’hanno portata a condurre la seconda professione senza curarsi della procedura da attuare per svolgerla nelle regole previste per i dipendenti pubblici.

Alessandro Giuliani

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