Come era evidente fin dall’inizio la professoressa palermitana Rosa Maria Dell’Aria ha vinto la sua causa conto il Ministero e la sanzione che le era stata comminata (15 giorni di sospensione con relativa decurtazione dello stipendio) è stata annullata.
La decisione è stata presa dal Giudice del Lavoro di Palermo a cui la docente si era rivolta per ottenere giustizia.
La vicenda risale al mese di gennaio del 2019 quando gli alunni della sua classe, in occasione della “Giornata della Memoria”, avevano preparato un elaborato nel quale facevano un paragone fra le leggi razziali del 1938 e il decreto sicurezza nella parte in cui riguarda i migranti.
La ricerca dei ragazzi non era piaciuta all’Ufficio scolastico regionale che dispose immediatamente una ispezione al termine della quale venne aperto un procedimento disciplinare a carico dell’insegnante.
A maggio l’esito del procedimento: 15 giorni di sospensione.
Il caso diventò nazionale anche con risvolti politici: l’allora ministro Bussetti e lo stesso ministro Salvini assicurarono che sarebbero intervenuti per far cancellare la sanzione.
Per la verità l’unica strada percorribile sarebbe stata una azione in autotutela da parte dell’USR che avrebbe potuto cancellare il proprio provvedimento.
Ma, in realtà, non accadde nulla.
La docente, intanto, si era già rivolta ai suoi legali che – dopo qualche tentativo di risolvere il caso in modo “bonario” con gli uffici del Ministero, decisero di formalizzare un ricorso al Giudice del Lavoro che – in questi giorni – ha finalmente deciso decretando l’illegittimità della sanzione.
La docente – sostiene il Giudice nella sentenza – è stata accusata di non aver vigilato sul lavoro dei ragazzi, ma in realtà non avrebbe potuto in alcun modo impedire agli studenti di esprimere un proprio punto di vista sull’argomento della ricerca perché, facendolo, avrebbe violato il diritto di opinione costituzionalmente garantito a tutti.
La sentenza del Giudice di Palermo appare del tutto scontata mentre erano apparsi fin da subito paradossali sia il procedimento instaurato nei confronti della docente sia la sanzione particolarmente pesante inflitta dall’USR.
Come sempre in questi casi c’è da chiedersi chi pagherà il costo di un contenzioso legale che si poteva tranquillamente evitare soprattutto se si considera che l’operato dell’insegnante non era stato minimamente messo in discussione né dalla scuola, né dagli studenti e neppure dalle famiglie.
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