Sulla norma che istituisce il “docente esperto” arriva anche la presa di posizione dell’Unicobas.
“Gli aspetti di questa proposta che non convincono sono molti – sostiene Stefano Lonzar, dell’esecutivo nazionale del sindacato – a partire dalla lunghezza del percorso, che scoraggerà in primis i docenti con maggiore anzianità di servizio, cioè quelli veramente più esperti, poiché potrebbe terminare in corrispondenza della pensione, ma anche i più giovani che in molto meno tempo potrebbero prepararsi al concorso per dirigente scolastico o dirigente tecnico, con vantaggi economici molto più consistenti”.
“A livello formale – prosegue Unicobas – l’istituzione di tale figura è prevista a partire dall’a.s. 2023/2024, ma gli effetti economici decorreranno dall’a.s. 2032/2033 e prevedere oggi un compenso preciso, visti i tempi incerti che viviamo, risulta quanto meno rischioso. C’è poi da chiedersi, visto che nella norma non si fa alcun riferimento a questo: cosa faranno di diverso i docenti esperti rispetto agli altri per meritare un incremento stipendiale simile? Impegni gestionali specifici? Compiti di raccordo tra il dirigente scolastico e i docenti “normali”? Comporranno il cosiddetto middle management, tanto auspicato dal1’Associazione Presidi e dagli uffici scuola delle associazioni padronali, che sancirebbe la definitiva aziendalizzazione dell’istituzione scuola pubblica?”
Secondo il sindacato di base “quello che non sono riusciti a portare a compimento pienamente Berlinguer con il suo concorsone (2000), il ddl. 953 (Aprea 2008) ed il comitato di valutazione della Buona Scuola di Renzi (2015), potrebbe essere realizzato dal ministro uscente Patrizio Bianchi, promotore di una ‘formazione di stato’, spesso di bassissimo livello culturale ma al contempo ad altissimo tasso di astrazione, burocratizzazione e conformismo”.
Al contrario, commenta ancora Lonzar, a meno di un mese dall’avvio del nuovo anno scolastico “gli annosi problemi che attanagliano la scuola pubblica sono sempre sul tavolo, irrisolti: carenza di organici, ritardi nelle nomine, classi pollaio, disabili senza sostegno, burocrazia ministeriale sempre più invasiva, oltre ad una deprimente condizione salariale dei docenti italiani che li colloca all’ultimo posto in Europa, ulteriormente aggravata da un rinnovo contrattuale che tarda ormai da quasi 4 anni, ma il governo pensa a reperire nuove risorse per finanziare la figura del ‘docente esperto’, nonostante la categoria lo abbia già bocciato con due scioperi generali lo scorso maggio (il primo dei sindacati di base e conflittuali, il secondo delle organizzazioni maggiormente rappresentative)”.
Per opporsi a quella che secondo Unicobas è una vera e propria deriva anche in senso autoritario sono del tutto insufficienti le petizioni online che si stanno raccogliendo da più parti ma occorre “mobilitazione vera, di piazza, concreta, non virtuale”.
Nel concreto, secondo Unicobas, è necessario “l’impegno costante ed in prima persona per conquistare un rinnovo contrattuale con aumenti significativi uguali per tutti che permettano di recuperare il 20% del potere d’acquisto perso negli ultimi decenni e di difendere i salari reali dalla ripresa dell’inflazione e dal carovita drammaticamente peggiorati dalle guerre in corso; ed è necessario rifiutare la scuola della competizione e della segmentazione gerarchica di stampo aziendalistico, per continuare a costruire la scuola della collaborazione, della condivisione, luogo di conquista di autonomia culturale, di progressiva liberazione dal senso comune e dalla subalternità ideologica, strumento di emancipazione sociale”.
Anche per questo Unicobas, insieme con Cobas Sardegna ha già deciso di proclamare per l’11 novembre una giornata di sciopero generale, non solo della scuola ma di tutte le categorie del lavoro pubblico e privato.
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