Aveva ragione. Quel dipinto esposto nella prestigiosa sede del Palazzo Ducale di Urbino somigliava incredibilmente a quello studiato nei testi del suo maestro d’arte. Il cartellino della Galleria Nazionale delle Marche lo indicava come una copia o un’opera coeva di un pittore del ‘600, ma il giovane docente non aveva dubbi: si trattava della “Deposizione” di Angelo Solimena. Lo riporta Il Corriere della Sera.
Il protagonista di questa storia di passione per l’arte è un giovane insegnante di Amalfi. Durante una gita ad Urbino, il professore ha riconosciuto in un dipinto esposto nella pinacoteca un’opera rubata nel 1983 dalla chiesa di San Matteo a Nocera Inferiore, datata 1664.
Convinto della sua intuizione, basata su una profonda conoscenza della materia, il professore ha immediatamente fatto una segnalazione. Ha inviato una mail ai vertici della Galleria Nazionale delle Marche, che avevano il dipinto in comodato dalla Fondazione CR Pesaro, e ai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Tornato a casa, ha consultato gli archivi della banca dati delle opere d’arte rubate, trovando il quadro sotto il codice “19986[1]”.
“Sono stato colpito immediatamente dal dipinto”, ha raccontato al rientro dalla gita scolastica. “Ho riconosciuto la mano dell’artista su cui mi sono formato”. L’opera corrispondeva troppo alla “Deposizione” di Angelo Solimena, che aveva tanto studiato grazie ad una monografia pubblicata dal suo professore Mario Alberto Pavone.
Gli esperti dei Carabinieri, ricevuta la segnalazione a fine aprile, hanno confermato l‘autenticità del dipinto in meno di un mese, autorizzando la restituzione. Dopo 41 anni, la “Deposizione” tornerà dunque nella sua sede originaria con una cerimonia che si terrà domani, 30 maggio, alle ore 18.
Al momento, all’interno della Chiesa di San Matteo a Nocera Inferiore, al posto del dipinto rubato 44 anni fa, vi era una copia fotografica. Il docente pur avendo una formazione artistica, insegna Lettere. “Perché? Perché il linguaggio dell’arte in Italia purtroppo si sta perdendo. Mi chiedo come sia possibile che quel dipinto sia stato in esposizione in uno dei musei più importanti d’Italia e nessuno abbia mai notato che poteva non essere quello indicato”.
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