Fa molto discutere la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha deciso di confermare la destituzione di un docente accusato di aver avuto una relazione con una sua studentessa.
La vicenda va spiegata bene anche perché sottintende un principio giuridico e amministrativo particolarmente importante.
Nel periodo 2016/2017 il professore aveva iniziato ad avere un relazione con una sua studentessa che all’epoca aveva già compiuto 16 anni.
Venuto a conoscenza del fatto, il dirigente scolastico della scuola milanese in cui il docente prestava servizio informò sia l’Ufficio scolastico regionale sia la Procura della Repubblica.
L’USR aprì immediatamente un procedimento disciplinare al termine del quale il professore venne sanzionato con la destituzione dall’insegnamento.
Nel frattempo la Procura aprì una inchiesta penale che si concluse con l’assoluzione del docente in quanto, all’epoca dei fatti, la studentessa aveva già compiuto 16 anni, età a partire dalla quale la legge esclude il reato di “atti sessuali con minori”.
A questo punto, il docente decise di impugnare il provvedimento disciplinare davanti al Giudice del Lavoro.
In prima istanza, nel 2018, il Tribunale respinse il ricorso e lo stesse fece la Corte d’Appello nel 2020.
Successivamente il professore decise di rivolgersi alla Corte di Cassazione che, proprio pochi giorni fa, ha depositato la sentenza con cui il ricorso è stato definitivamente respinto.
Detto in estrema sintesi la Cassazione ha argomentato a sfavore del docente richiamando la precedente decisione del giudice d’appello: si devono infatti considerare in particolare l’età minore della alunna, la durata della relazione e la consumazione di rapporti sessuali.
La Corte ha anche confermato le osservazioni del giudice d’appello che aveva evidenziato che “il disvalore delle condotte emergeva in tutta la sua gravità considerando, da un lato, il ruolo di responsabilità e la funzione educativa assegnati al docente e, dall’altro, il fatto che gli studenti a lui affidati attraversavano un’età obiettivamente critica sotto il profilo dello sviluppo della personalità e delle modalità di interazione sociale”.
“In questo contesto – aggiunge la Cassazione – il docente era tenuto a relazionarsi agli studenti con la maturità di un soggetto adulto ed a svolgere un fondamentale ruolo educativo”.
E conclude: “Instaurare una relazione sentimentale e sessuale con un’alunna, tanto più se minorenne, significava venir meno in modo radicale ai doveri ed alle responsabilità insiti in tale ruolo e disvelava la totale incapacità di discernere la sfera professionale da quella personale e la sfera etica da quella sentimentale, giungendo il docente ad uniformarsi nei comportamenti ad un coetaneo dei propri allievi”.
In molti commenti che circolano nei social si sottolinea che non si comprende per quale motivo il professore sia stato licenziato dal momento che la stessa Procura della Repubblica aveva stabilito che i fatti in questione non hanno nessuna rilevanza di natura penale.
Ma su questo va chiarito un punto molto importante: il fatto che un comportamento non configuri un reato non esclude affatto che possa avere rilevanza sul piano disciplinare.
Diverso è il caso in cui il dipendente pubblico venga assolto in un processo con la motivazione di “non aver commesso il fatto”: in tale circostanza si esclude anche ogni responsabilità di carattere disciplinare.
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