Come si può risolvere il caso della professoressa palermitana Rosa Maria Dell’Aria, sanzionata con 15 giorni di sospensione per omesso controllo sul video dei suoi studenti, nel quale sembrano accostarsi le leggi razziali fasciste al “decreto sicurezza” voluto dal ministro dell’interno Matteo Salvini? Secondo La Tecnica della Scuola, il dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Palermo potrebbe “agire in autotutela”: l’atto di sospensione si può annullare oppure “rivedere il provvedimento”, sulla base di possibili fatti nuovi emersi.
Una strada del genere, partendo dal fatto che la sanzione assegnata dal dirigente dell’Usp di Palermo, Marco Anello, va equiparata ad un atto datoriale, appare percorribile anche da Antonello Giannelli, presidente nazionale dell’Anp, il sindacato dei presidi con maggiori iscritti in Italia.
Giannelli, che giudizio si è fatto sui 15 giorni di sospensione comminati alla professoressa palermitana?
Bisognerebbe esaminare le carte, ma credo sia evidente l’esagerazione del procedimento disciplinare.
Quindi, cosa può fare l’ex provveditorato di Palermo?
È molto più semplice di quanto si pensi: la sospensione dal servizio non è un provvedimento amministrativo, di carattere pubblico, e l’annullamento in autotutela non è necessario.
Ci spieghi meglio.
L’atto prodotto non è di tipo amministrativo, ma gestionale di diritto privato. Sulla base di ulteriori elementi, il dirigente dell’Ufficio scolastico di Palermo può quindi revocarlo direttamente ed in autonomia. Può tranquillamente rivederlo lui, senza intraprendere altre strade. In pratica, sull’atto sanzionatorio si applicherebbe il “melius re perpensa”.
Ci sta dicendo che è come se la sospensione l’avesse prodotta la Fiat?
Esattamente. Si sta rischiando di andare a finire dal giudice, con alte possibilità che la parte pubblica soccomba, senza che però ve ne siano ai presupposti.
Quindi la soluzione è più semplice di quanto si pensi?
Certamente: è possibile grazie alla privatizzazione introdotta su alcuni aspetti della cosa pubblica. A volte, su queste possibilità si sentono esprime dei giudizi negativi: invece, molte procedure sono più snelle e si ha la possibilità di sanare pure gli errori.
Ma il provveditore di Palermo come potrebbe motivare il ripensamento?
Non deve rendere pubblica la motivazione del ravvedimento.
Però devono esserci delle basi per esercitarlo?
Sono emerse delle nuove importanti interpretazioni sul caso. Basta dire che il diretto interessato, Matteo Salvini, ha detto che si tratta di una sanzione che non andava data. E lo stesso concetto ha espresso il ministro dell’Istruzione. Serve altro?
Lei avrebbe mai inflitto quella sanzione?
No. E credo che nessun dirigente scolastico l’avrebbe fatto.
Perché?
Perché un preside è sempre un ex docente e per questo motivo è più sensibile alla tematica dell’insegnamento: sa bene cosa significa stare in cattedra e quali sono i problemi nell’esercitare questa delicata professione.
Però i docenti pensano il contrario: temono la possibilità che i presidi, con una “stretta” legislativa, possano giudicare possibili infrazioni gravi…
Questo caso di Palermo dimostra esattamente il contrario: se certi provvedimenti li diamo in mano ai presidi, i docenti avrebbero solo da guadagnarci.
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