Già mi sono espresso al riguardo suggerendo cautela nei giudizi sommari prima di conoscere gli atti della questione, e sembra che stia venendo fuori che la docente non abbia incanalato, suggerito pareri personali politici sulla questione, ma lasciato riflettere liberamente gli alunni, forse facendo loro capire che la politica è libera espressione e segue le tante leggi che sono previste dalla Costituzione, compreso la libertà di opinione, senza offendere nessuno.
Così deve un buon e bravo insegnante, e se così ha fatto la prof. Dell’aria, non ne avrebbe dovuto subire alcuna conseguenza per il suo operato. Ma così non è stato, qualcosa di diverso è accaduto ma che non si riesce di capire. Sicuramente ci sono state le consuete contestazioni d’addebito promosse in prima istanza dal D.S. competente e poi, ritenuto che il caso abbia preso una piega più pesante, con la probabile grave possibilità di conseguenze disciplinari gravi, per i quali il D.S. non è più competente, la pratica sia passata al Dirigente Superiore, ovvero al Dirigente Regionale.
Che cosa ha mai detto, risposto la prof., per cui il Dirigente Regionale si sia convinto che le controdeduzioni non erano accettabili e sia passato all’irrogazione di una così grave forma disciplinare? Solo le carte lo sanno. Ma a me adesso interessa il prosieguo della faccenda che non può essere liquidata con una semplice letterina di superamento del problema da parte del superiore, pro bono pacis, come ha fatto lasciare intendere e capire un noto e qualificato personaggio sindacale che ha classificato un atto quale quello del Dirigente Generale di I a (prima) fascia , mentre i Dirigenti scolastici sono di IIa fascia, come un semplice atto di natura gestionale negoziale privatistico, per cui io ti chiamo e ti richiamo e poi cestino la lettera del procedimento disciplinare come mai esistita e priva di fondamento giuridico.
Intanto il provvedimento disciplinare è un atto amministrativo di natura pubblicistica e non gestionale privatistica, essendo la scuola, pur con tutta la sua autonomia conquistata con le varie lotte sindacali e giuridiche, sempre incardinata nell’ordinamento costituzionale e, quindi, considerata un apparato della Pubblica Amministrazione alla stregua di tutti gli altri Organismi Amministrativi che hanno lo scopo di fare gli interessi dello Stato. Si pensi che la trattenuta sullo stipendio è di competenza della Direzione Territoriale dello Stato che ha ricevuto il provvedimento dal D.R.
Quindi non è avulsa dalle norme di carattere pubblicistico che regolano le attività dei loro dipendenti. La contrattualizzazione del pubblico impiego , con la legge 29/3/1983 n. 29, legge quadro del pubblico impiego, che riconobbe e regolamentò gli aspetti principali sia dell’azione sindacale che della contrattazione, da cui nacque la famosa ARAN, competente per tutte le questioni contrattuali sindacali e da cui scaturirono poi la contrattazione di istituto, la rappresentanza sindacale di istituto per tutte le questioni inerenti la vita scolastica di istituto, dopo ogni conclusione dei contratti collettivi nazionali di lavoro, CCNL, da cui scaturì pure la qualifica di Dirigente scolastico, sia pure a distanza di anni, e così via.
Quindi la Scuola è parte della Pubblica Amministrazione, non è un’azienda privata, tanto è che il contenuto degli accordi viene tramutato in regolamenti di governo, emanati anche con Decreti del Presidente della Repubblica in taluni casi. Fu la legge quadro 23/10/1992 n. 421 che delegò il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per prevedere anche che i rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti pubblici fossero ricondotti sotto la disciplina del diritto civile e regolati da CCNL.
Ma questo non vuol dire che ogni dirigente è padrone a scuola sua o nella Regione sua. Quindi per rimediare alle questioni nate bisogna invocare il Giudice del lavoro e non c’è nessun Ministro che possa intervenire per annullare il provvedimento di cui in parola, moral persuasion sì, ma non atto di imperio contrario alle norme.
Dunque, l’insegnate Dell’Aria deve , per tutelare il suo buon nome, la sua professionalità, la qualità del suo insegnamento, adire il Giudice del Lavoro, con un buon avvocato, la Buongiorno(?) in questo caso, pure lei palermitana e convincere il Giudice della bontà ed obbiettività del suo insegnamento nel caso specifico.
Così mi sembra intenzionata la prof. che rifiuta e bene fa, ogni intervento di magnanimità, bontà, extra professionale, ma si appella al diritto. Io sono convinto che Ella non abbia grande responsabilità nella questione, non mi sembra così sprovveduta dal non distinguere fra didattica e fare politica partitica a scuola.
Qualcosa non ha funzionato nel fornire le proprie controdeduzioni, per cui il provvedimento grave del D.R. Sicilia. C’è pane per gli avvocati. Faccio il tifo per la prof. Ma più per il diritto e la verità.
Giovanni Cappuccio