Il provvedimento assunto dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Palermo (ex Provveditorato agli Studi) nei confronti della professoressa Rosa Maria Dell’Aria (quindici giorni di sospensione dal servizio con la riduzione dello stipendio al 50%), può essere inquadrato e definito con l’uso argomentato di tre soli aggettivi: assurdo, incostituzionale, inquietante.
Assurdo perché la motivazione addotta nel provvedimento fa riferimento alla “mancata vigilanza” di cui si sarebbe resa responsabile la collega Dell’Aria.
Ora l’espressione “mancata vigilanza” non è altra che la ben nota, alla totalità dei docenti italiani, “culpa in vigilando” contemplata dall’art. 2048 del Codice Civile e ripresa dall’art. 494 del D. Lgs n. 297/94 (Testo Unico delle leggi sulla scuola).
Quella “culpa in vigilando” innumerevoli volte scomodata ai danni dei docenti italiani da una certa solerte magistratura che, molto spesso, dà credito alle più strampalate richieste da parte di famiglie (non tutte, ovviamente) che non perdono occasione, anche le più ridicole, per ricorrere al giudice al fine di ottenere risarcimenti in denaro a danno di malcapitati docenti.
Va precisato, però, che la “culpa in vigilando” è stata finora invocata nei casi di incidenti, piccoli o grandi che siano, che hanno comportato danni materiali e visibili a carico di alunni. Nel caso addebitato alla prof.ssa Dell’Aria, però, non si è verificato alcun danno, di nessun tipo, a carico di alcuna persona.
Un’attività didattica quale quella che è stata presa a pretesto per sanzionare la docente palermitana non può essere in alcun modo scambiata per un comportamento sbagliato (sul quale la docente non avrebbe vigilato adeguatamente) di uno o più alunni con conseguenti danni ingiusti prodotti ad altri.
Un’attività didattica quale quella posta in essere dagli studenti della professoressa può essere oggetto di discussione (ma sempre nell’ambito della didattica), la si può giudicare inopportuna nei contenuti, ma non si può, in alcun modo, censurare, così come non si possono censurare i componimenti di italiano o di qualsiasi altra materia; essi possono essere soltanto oggetto di valutazione da parte del docente che li ha commissionati o proposti; e l’unico strumento di valutazione didattica è il voto, e nessun altro. In altre parole il docente non è mai responsabile di ciò che scrive o produce in altre forme l’allievo.
Il docente è invece responsabile quando, a causa del suo assenteismo, i suoi alunni non producono alcunché. Nel caso in questione non c’è stato alcun assenteismo da parte della collega Dell’Aria, anzi al contrario: ha proposto ai suoi alunni di fare una ricerca sulle leggi razziali emanate dal fascismo e di riflettere sui pericoli che provvedimenti o atti di natura discriminatoria possono avere anche nell’attualità. Per questo andrebbe premiata, non sanzionata.
Il provvedimento è assurdo anche per un altro motivo, questa volta di natura formale. Da quanto riportato sugli organi di stampa, esso è stato assunto dall’Ufficio Scolastico Provinciale sulla base di una segnalazione non proveniente dalla scuola (l’unico che poteva fare questa segnalazione è il Dirigente Scolastico) nella quale presta servizio la collega Dell’Aria, bensì da esponenti della sezione locale di un movimento di estrema destra (la solita Casa Pound, la quale, come è risaputo, in tema di discriminazioni razziali può vantare notevoli competenze).
Ora, è chiaro che la procedura adottata risulta essere quanto meno irrituale: da quando in qua un organo della scuola della Repubblica italiana (fondata sui principi e sui valori della Costituzione nata dalla guerra di Liberazione) utilizza, quale fonte originaria per l’assunzione di provvedimenti disciplinari, le segnalazioni di un movimento politico che non fa mistero della sua nostalgia per i bei tempi in cui era “Lui” a governare e a far arrivare i treni in perfetto orario? E’ lecito esprimere, a questo proposito, quanto meno delle perplessità.
Perché il provvedimento è anticostituzionale? Per il semplice motivo che esso è in palese contrasto con lo spirito e il dettato dell’art. 33 della Costituzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.
E’ il principio della libertà d’insegnamento, quel principio che garantisce la libera ricerca, una discussione aperta, un democratico confronto di posizioni; quel principio che sta alla base anche dell’educazione alla cittadinanza e allo sviluppo dello spirito critico negli alunni.
L’alternativa a questo principio è una sola, quella in vigore nel Ventennio fascista: “Credere, obbedire, combattere”, oppure “Libro e moschetto, balilla perfetto”; un’alternativa ben gradita dal succitato movimento politico.
La prof.ssa Dell’Aria, proponendo quella ricerca ai suoi alunni, non ha fatto altro che applicare (così come, del resto, ha sempre operato nei suoi 41 anni di onorato servizio) quel principio sancito nell’art. 33 della nostra Costituzione.
Perché, infine, il provvedimento è inquietante? Perché è un ulteriore segno (tanti ve ne sono stati in questi ultimi mesi) della ventata di autoritarismo, di razzismo, di disprezzo nei confronti dei più deboli, nonché di sdoganamento di atteggiamenti e di parole che si credevano condannati per sempre dalla nostra storia repubblicana, e dei quali ci si doveva, fino a qualche anno fa, soltanto vergognare.
Ecco perché è necessario che il mondo della scuola (e non solo esso, ma anche il mondo della cultura, della scienza e del lavoro) non lasci passare sotto silenzio questo episodio; ecco perché è necessario dare una risposta civile e democratica, ma ferma e che coinvolga la totalità dei docenti, a simili provvedimenti, che non sono semplicemente “esagerati” (come qualcuno, anche sindacalista, ha affermato), ma sono, al contrario, assurdi tanto nella sostanza quanto nella forma e, soprattutto, pericolosi per le sorti della democrazia in Italia.
Francesco Sirleto