Tra l’insegnante e la classe si crea un rapporto speciale, alcuni pedagogisti lo definiscono “amore”. Come tutti i rapporti, se veri e sentiti, non può sciogliersi facilmente. Soprattutto, a tirarsi indietro, a “tradire”, difficilmente è l’insegnante: è lui, infatti, che traccia la strada. Che deve, per capirci, dare l’esempio. Questo ragionamento non è però sempre chiaro a tutti gli insegnanti. E il decadimento dell’autorevolezza della professione passa anche per la dissoluzione di questo rapporto speciale, che venendo meno fa (anche per scelta di una parte dei docenti) fa scivolare in basso l’importanza del ruolo del prof. Ma ci sono anche molti bravi docenti che non se la sentono di tirarsi indietro, anche a scapito di sé stessi. La storia del professor Emiliano Raspi, insegnante in un liceo scientifico a Volterra, in provincia di Pisa, è una di queste.
Il professor Raspi insegna Storia e filosofia ed è anche campione europeo di atletica amatori, con due medaglie d’oro conquistate nei campionati italiani: in virtù delle sue performance notevolmente sopra la media, il prossimo 29 giugno avrebbe dovuto disputare la finale dei 100 metri dei Mondiali master a Tempere. Invece, non sarà presente. Semplicemente, perché in quegli stessi giorni si svolgeranno le prove orali degli esami di maturità dei suoi studenti (la prima prova scritta, proprio quella di Italiano e Storia, si svolgerà mercoledì 22 giugno).
A fine giugno, il prof di Storia e filosofia vorrà stare con loro, a sostenerli nei momenti più importanti e concitati dell’anno.
“Da ieri, dopo la riunione riguardo la decisione per la composizione della commissione di esame è ufficiale – ha scritto Raspi su Facebook -: non parteciperò alla gara dei 100 metri, prevista il 29 giugno, ai campionati del mondo master di Tampere”.
Quindi, spiega il motivo della sua non facile scelta: “Credo che il mio mestiere, almeno per come lo interpreto io, non sia solo un lavoro. Ai miei studenti chiedo molto, oltre che allo studio ovviamente, soprattutto dal punto di vista emotivo, nella cura del rispetto per il prossimo e nel coltivare un minimo di educazione, intesa nel senso più alto del termine”.
Poi aggiunge: “inevitabilmente capita, così, che nel corso del triennio si instauri con gli alunni un rapporto di fiducia reciproco che, in tutta sincerità, non me la sono sentita di tradire“.
La sua è stata una scelta difficile, ma personale. Nessuno ha influito, oltre la sua coscienza ed etica professionale.
“Né la dirigente scolastica, né il consiglio di classe e tantomeno i genitori degli alunni hanno mai fatto pressioni sul sottoscritto affinché rinunciassi a partecipare ad un evento così importante”
La decisione, ammette, “è costata tantissimo, per mille motivi, a partire dalle terapie dolorosissime (e costose) che ho dovuto sopportare per rimettermi in sesto dopo un bruttissimo infortunio passando dai sacrifici a cui ho sottoposto la famiglia per potermi allenare regolarmente”.
Il sacrificio più grande, però, sarebbe stato quello di venire meno al patto non scritto con i suoi ragazzi: non poteva tradirli. Così è stato.
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