È di ieri la notizia che il TAR del Lazio ha accolto la richiesta di inserimento nelle graduatorie degli abilitati dei docenti in possesso di titoli di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM). Questo è un grande risultato per la categoria di docenti in possesso di alti titoli artistici che, come i colleghi di altre discipline, si sono visti progressivamente disconoscere i propri titoli come abilitanti all’insegnamento.
La loro vicenda è comune a tanti precari della scuola ma, attraverso di loro, appare più chiaramente l’illogicità dei provvedimenti che i Governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno emanato per ridefinire la figura dell’insegnante. La rivendicazione dei docenti AFAM, approdata in tribunale, non contesta la volontà di introdurre novità nel sistema di formazione e reclutamento docenti ma unicamente di aver reso inservibili i titoli e la professionalità acquisita in anni di precariato a causa di una sorta di retroattività delle nuove norme. La storia degli AFAM, come vengono definiti i docenti di discipline musicali e strumento musicale nel sistema scolastico, rivela le crepe delle nuove decisioni politiche in tema di formazione e reclutamento docenti. Si tratta di professionisti non soltanto in ambito artistico ma di docenti che hanno finora ricoperto incarichi a tempo determinato nelle scuole statali, ai quali è stato impedito di conseguire un’abilitazione all’insegnamento, a causa del numero chiuso nei percorsi abilitanti. Dopo anni di insegnamento, ad essi è stato persino impedito l’accesso al concorso a cattedra, riservato ai docenti abilitati.
Nonostante tutto, da precari, continuano a ricoprire incarichi annuali, arrivando persino a svolgere il ruolo di commissari agli esami di Stato e quelli di coordinatori di classe, al pari dei docenti di ruolo. Appare chiaro, quindi, come le nuove regole per la formazione e il reclutamento avrebbero dovuto contemplare una serie di dispositivi adeguati ai docenti di fatto, la cui formazione e professionalità sono stati definiti da impianti normativi diversi dagli attuali.
Invece, la nuova fase transitoria, prevista a posteriori per i docenti con ampia esperienza di servizio e titoli acquisiti con vecchi ordinamenti di studi, vedono esclusi molti docenti in servizio, i cosiddetti non abilitati, che dovrebbero in sostanza ricominciare da capo il loro iter formativo, magari colmando le “lacune” in termini di crediti, per rispecchiare le nuove linee di definizione della figura del docenti. Dopo anni di precariato, ed in presenza di alti titoli accademici riconosciuti su scala internazionale, la cosa è risultata inaccettabile e illogica, soprattutto per il sistema scolastico, la cui cronica mancanza di docenti rende continua e incessante la formula del precariato per sopperire alle esigenze del sistema.
La battaglia degli AFAM rappresenta, quindi, un importante passo in avanti per il riconoscimento dei professionisti della scuola, esclusi dai piani di stabilizzazione del Governo, solo per l’incapacità o la non volontà di riconoscerne il valore e l’utilità. Il nuovo non può mai calpestare il vecchio, specie se il “vecchio” è rappresentato da validi e titolati docenti il cui valore e i cui titoli oggi sono stati riconosciuti dal Tribunale Amministrativo come abilitanti, in ragione della loro stessa definizione ministeriale ai tempi del conseguimento, Sarà bene che anche al MIUR inizino a tener conto delle indicazioni che continuamente arrivano a rettifica di scelte politiche discutibili e poco lungimiranti, per disperdere risorse umane e professionali già inserite nel sistema, a danno soprattutto delle scuola, in balia ogni anno del balletto di nomine sui posti vacanti e disponibili che, anche quest’anno, sono circa 100.000 nelle scuole di ogni ordine e grado.
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